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Sottotitolo: sono preistorico.
Martedì pomeriggio, un noto negozio specializzato in attrezzatura
e abbigliamento per la montagna. Ho deciso che è giunto il
momento di cambiare i miei gloriosi scarponi da alpinismo in vista
dei prossimi obiettivi estivi cosicché, dopo la mostruosa
spesa che mi sto accingendo ad affrontare, quando arriverà
il giorno fatidico e la sveglia suonerà alle due del mattino
avrò la giusta motivazione per non cedere alla inesorabile
tentazione di girarmi dall'altra parte, mostrare il dito medio all'umanità
tutta e prenotare le prossime ferie a Montecatini Terme.
Il ragazzo è molto cortese, ha l'aria competente e disponibile.
Il negozio è tutto per me, mi son preso il pomeriggio apposta.
E' un passo decisivo, questo, per il mio summit quest (e
per il mio portafoglio, anche). Chiunque abbia un po' di dimestichezza
con qualunque sport alpino sa bene che non esiste nulla di peggio
nell'esistenza di un essere umano dello sbagliare l'acquisto degli
scarponi. Anche perché, oltre alle evidenti eventuali conseguenze
fisiche che ti costringerebbero a camminare sulle mani per settimane
invocando le stimmate e la santità, saresti tormentato per
l'eternità al solo pensiero di quanto hai pagato per subire
quella tortura.
- Ciao, senti devo cambiare i miei vecchi Koflach da alpinismo con lo scafo
in plastica e ho pensato che...
- I Koflach?
- Ergh, sì i Koflach, e...
- Ma davvero?? LEI li usa ancora??? Maddai,
come quelli che usava MIO PAPA'!! |
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Insomma, Cevedale e Gran Zebrų no perché i rifugi sono chiusi, Lyskamm no perché la funivia di Alagna è chiusa, Weissmies no perchè la funivia dello Hohsaas è chiusa, Dammastock no perché il Furkapass è ancora chiuso, Bishorn, Adula, Grand Combin, inutile pensarci ancora per un po', ché le gambe van bene, sì, ma non esageriamo.
Alpinisticamente perlando, maggio è proprio un mese del tubo. Vabbè, si torna in Grigna e si aumenta la corsa, va', che luglio si avvicina. |
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Correre con Pat Metheny, lo fai solo all'inizio perché fa un po' fighetta e vuoi distinguerti. Crolli dopo dieci minuti.
Correre con Richard Ashcroft, per un po' funziona, ma la verità è che è troppo nichilista e se ne va per i cavoli suoi, non è capace di tenere il tuo ritmo.
Correre con 1 Giant Leap, all'inizio ti prende, è molto free, corri nella savana, corri nel sole, corri con le gazzelle. Il punto è che stai su un marciapiede qualunque di casa tua e attraversare le rotonde è pure un casino.
Correre con Eddie Vedder e Newton Faulkner, non ce n'è, pių into the wild di così è impossibile, l'aria in faccia te la senti. Resta il fatto che otto tracce son poche e che l'aria è satura di monossido di carbonio. E poi vedi sopra.
Correre con Guccini, ci ho anche provato. Ma mica sono in Chmielna 10-30, non funziona, no.
Correre con i Pearl Jam, fa il paio con Guccini. Se mi avete seguito per nove mesi a Warszawa capite anche voi perché. Peccato, però.
Correre con Moby, perché no. Perché poi arriva God movin' over the face of the waters e, per quanto tu la possa adorare, ti siedi sul ciglio del marciapiede e fissi il vuoto per un'ora, ripercorrendo tutta la tua vita al rallentatore. Prima di suicidarti.
Correre con Nick Cave, ci dai dentro. Ci dai dentro e sudi. Ti prende, è figo correre con Nick Cave. Poi ti ricordi di Nick Cave, entri in un pub, butti gių due pinte di rossa e ruttando mandi a fare in culo il cardiofrequenzimetro lanciandolo sotto un camion.
Correre con i Guns N'Roses, no. Non c'hai pių l'età, mi spiace. Sì, lo so, non ce n'è come correre con Sweet child o'mine, è meglio che farsi di foglie di coca, ma devi essere realista, non ce li hai i polmoni per reggere quei 5'55", e non ci riesci, no, a correrla pių lenta. E poi Axl Rose urla troppo. Dà fastidio uno che ti urla nelle orecchie mentre corri.
Correre con i Litfiba, nove chilometri tirati alla morte. Eppure, non so perché, ma la volta dopo non ti viene da rimetterli su. Goccia a goccia.
Correre con Alanis Morissette, ché lei è tosta e tu senti che devi essere all'altezza. Non puoi correre a mezzo servizio con la Morissette nelle orecchie. E poi lei sì che ha ritmo e che sa accompagnarti, è forte correre con la Morissette, sorpassi di brutto tutti quelli che stanno ascoltando, che so, Ludovico Einaudi o Giovanni Allevi. Sudi, sudi eccome con Alanis che pompa. Però alla fine ti ha stufato. Un'ora di Alanis Morissette è lunga e poi diciamocelo: sono davvero tutte uguali. La prossima volta non la metti pių, ché ti ha rotto le palle Alanis Morissette.
Correre con i Baustelle, ma ci ha già pensato qualcuno? Ecco, dovrei farci un post, prima o poi, sui Baustelle. Perché bravi son bravi eh, ma ecco, parliamone, dei Baustelle. Insomma, correre con i Baustelle. Si va gių duri a correre con i Baustelle, c'è della ferocia, picchiare picchiano. Lipperlì la cosa sembra anche funzionare, c'è addirittura che forse ti piace, sì, è forte correre con i Baustelle, davvero ancora non ci ha pensato nessuno? Però no. No, per qualche motivo no. No, non funziona correre con i Baustelle. C'è proprio qualcosa che non funziona con i Baustelle, lo sapevo. O sarà che sono io che non sono in giornata.
Correre con Tow Waits, è meraviglioso quando piove. Correre con la pioggia ascoltando Tom Waits è liberatorio per l'anima, è un viaggio in totale solitudine, è catartico. Il punto è che piove poco. Con il sole e le giornate lunghe va a finire peggio di Nick Cave (vedi sopra).
Correre con Madonna, maddai, stai scherzando. Occhei, è ginnico, te la passo. Ma non riesci ad essere credibile nemmeno a te stesso. Comunque per un po' vai come una lepre, prima di rifugiarti in Nick Cave.
Correre con gli AC/DC, è la cosa pių selvaggia che mi venga in mente. E' da duri correre con gli AC/DC, devi proprio esserne convinto. Non puoi arrenderti, non puoi cedere un metro se decidi di correre con gli AC/DC, è una scelta ben definita, una dichiarazione bellicosa di intenti. E poi mica puoi farlo a mezzo volume, correre con gli AC/DC. E' tosto, devi partire aggressivo, arrabbiato, devi essere preparato.
Stasera ci provo, dài. Vado a correre con gli AC/DC. |
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Se ben ricordo, la mia prima volta in cima alla Grigna è
del 1982. Avevo diciassette anni e salii con un amico dalla mitica
ed inesorabile via di Mandello, una mazzata di quelle che giusto
a quell'età puoi permetterti: sono pių o meno duemila
metri di dislivello, su per canaloni, pietraie e ghiaioni, fino
alle catene terminali che conducono in vetta. Roba che poi ti devi
fare di olio canforato per una settimana prima di riuscire a camminare
nuovamente come un cristiano normale.
Da allora ho un po' perso il conto delle volte che sono risalito,
credo ormai per tutte le vie possibili. L'ultima volta, ad occhio,
sette od otto anni fa. Se non sbaglio l'ho già scritto da
queste parti: la Grigna è casa mia, qui è il mio piccolo
paradiso ed il mio Himalaya privato, ne conosco (quasi) ogni angolo.
Però la via classica invernale, la diretta per il paretone
est, no, per un motivo o per l'altro non l'avevo ancora salita.
Fino a sabato. Sveglia alle cinque: si preannuncia una giornata
bellissima, dalle finestre di casa la grande parete orientale completamente
innevata della Grigna Settentrionale è già illuminata
sull'orizzonte e si sta tingendo di rosa. Alle sette e trenta sono
all'attacco, pronto a misurarmi con i milleseicento metri di dislivello
che mi separano dalla vetta e a verificare finalmente, e un po'
seriamente, il mio stato di forma: sono anni che non oso nemmeno
provare a spararmi un dislivello del genere.
Sono da solo oggi e nonostante la Grigna sia di solito affollata
in qualunque stagione come la spiaggia di Rimini ad agosto, soprattutto
lungo le vie normali di salita, sarà perché è
sabato, sarà perché c'è il ponte del primo
maggio, ma i primi ottocento metri me li faccio davvero in solitudine
quasi assoluta, a parte un paio di persone che stanno salendo una
mezz'ora avanti a me. E, per una volta, questa salita solitaria
me la godo proprio tutta: completamente libero, in silenzio, al
mio passo, che procede pių spedito di quanto sperassi.
Alle otto e trenta sono già al Pialeral: seicento metri in
un'ora, un record per me. Una breve pausa, pių che altro
per bere un sorso d'acqua e per togliermi di dosso lo wind-stopper prima
di iniziare a liquefarmi, ché inizia già a fare un
caldo boia. Si può quasi salire in maglietta,
nonostante i millequattrocento metri di quota di prima mattina. Poi riparto,
altri quattrocento metri a ritmo pių tranquillo ed alle nove
e trenta, due ore dopo la partenza, ne ho già mille di dislivello
sotto di me.
Sono adesso a milleottocento metri di altitudine ed inizia la neve.
Perché il bello della faccenda è che quest'anno la
via invernale è ancora carica, ma proprio carica di neve
come fossimo a febbraio, e le famose cornici della cresta sommitale
sono ancora lassų in alto in bella evidenza che mi aspettano.
Dunque crema solare, ché adesso picchia forte, ramponi, bastoncini
da sci, e di nuovo in moto. Voglio forzare l'andatura, anche perché
ora inizia la parte tosta: altri quattrocento metri di dislivello
dritti in piedi, su per la parete di neve molle, in pieno sole.
Una specie di fornace che ti cuoce a fuoco lento, e infatti impiego
quasi un'ora e mezza ed un paio di litri di provvidenziale integratore
salino per riuscire a sfangarla. Sbucato sulla cresta sommitale,
il panorama finalmente si apre ed è bellissimo: le cornici
di neve che orlano tutta la sinuosa cresta nordest fino alla cima
sono belle come avevo visto mille volte nelle fotografie.
Altra breve sosta, qualche foto. Do fondo alla mia scorta di liquidi:
praticamente bevo e sudo quello che mi sono bevuto in tempo reale.
Infine ancora venti minuti, e sono in vetta.
Non c'è un alito di vento, l'aria è immobile. Sono
le 11.50: c'è un po' di foschia ora, e il cielo è
appena velato, ma l'orizzonte è perfettamente circolare attorno
a me ed io sto bene. Sono felice quassų. Stanco, ma non esaurito.
Contento di me stesso, perché adesso vedo finalmente i risultati
di questi tre mesi di allenamento. Soddisfatto di questa salita
compiuta da solo con me stesso, di questa lunga cornice terminale
che ho seguito in completa solitudine affacciandomi di tanto in
tanto sul vuoto sottostante, di questa confidenza che piano piano
sto ritrovando: due salite solitarie in questa stagione, la voglia
ritrovata, il mio cielo.
Quassų sono finalmente tornato a casa.
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Sulla parete est della
Grigna Settentrionale
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La cresta sommitale
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La cima della Grigna
Settentrionale dalla cresta nordest
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Il titolare qui, verso
la cima
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In vetta
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La Grignetta dalla
cima della Grigna Settentrionale
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Nel frattempo, stando alle statistiche di accesso, inizia ad approdare fra queste pagine gente che cerca su Google "iniziare a correre a quarant'anni".
Vedi, lo dicevo io. |
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In quattro serie da 15', intervallate dai soliti 3' di pausa: un bel
livello
6 aumentato del 33%. Quasi nove chilometri. Meno di tre mesi
dall'inizio
di questa avventura.
In altre parole: dito medio al tendine
ed applausi all'indomabile titolare, che me li merito :-)
P.S. Macché 8000: io mi iscrivo alla Marathon
des sable... |
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Che andare in piscina, fondamentalmente, mi faccia schifo è
qui noto e se ne è parlato all'inizio
di questa avventura. Tuttavia in questi mesi sono riuscito
a ritagliarmi un po' di motivazione e spazio per spendere almeno un'oretta
alla settimana in vasca, con una certa costanza. Il sabato in ora
di pranzo è di solito la mia ora, per un motivo molto semplice:
regna quasi il deserto fra spogliatoi, docce e corsie. Così
mi calo in acqua e infilo vasche, alternando stile libero e dorso
solo di gambe, come mi ha insegnato Serena passando di qua, se non
sbaglio. Se me la prendo con calma, una settantina di tornate le concateno
facili.
Man mano che passano le settimane il fiato si allunga sempre di pių
e ho imparato il mio ritmo, come quando vado in montagna. Mi isolo,
mi rilasso, penso ai fatti miei e intanto nuoto avanti e indietro,
avanti e indietro, avanti e indietro, possibilmente senza soste, cercando
di non perdere il conto delle vasche.
Poi, martedì sera, ho voluto provare l'esperienza yuppie, tipo
quello che esce dall'ufficio presto (leggi: alle sette), si carica
la sacca in macchina e va in piscina (dato il modello yuppie, potete
applicare lo schema anche alla palestra, al tennis, allo squash, a
quello che pių vi aggrada): in fondo lavoro in Corso Como a
Milano adesso, ho un filo di abbronzatura dovuto alle uscite in montagna
e mi mimetizzo bene fra i lampadati dell'aperitivo. Insomma, come
si dice, ci sto dentro, no? Così mi sono presentato
in piscina alle sette e mezzo di giorno feriale. E ho visto cose.
Ho visto orde di pettorali scolpiti e abbronzati che si presentano
in branco a bordo vasca trascinandosi appresso la sacca sponsorizzata,
mutanti dagli occhialini a specchio e accappatoio rigorosamente nero
che fanno riscaldamento prima di tuffarsi come dovessero prepararsi
per la finale olimpica dei cento stile missile, uomini-pesce molto
committed, molto fighi, molto yeah, e molto seri seri, qualcuno
addirittura che appoggia di fianco al blocco di partenza della corsia
che ha scelto, a lato delle ciabatte d'ordinanza, una misteriosa bottiglietta
di liquido isotonico giallastro. Umanoidi che fissano con lo scotch
a bordo vasca la propria tabella di marcia scarabocchiata su un foglio
a quadretti, che indossano pesanti orologi subacquei, che nel tempo
in cui io faccio due vasche d'ordinanza a stile libero un-respiro-ogni-quattro-bracciate
loro ne fanno quattro interamente sott'acqua, due a delfino spappolandoti
la clavicola mentre ti sorpassano, otto a stile senza respirare, capriolando
come da copione ad ogni fondo vasca.
E ho capito di non potercela fare.
Sono rimasto seduto sulle gradinate per una buona oretta con il mio
zainetto fra le gambe, a fissare le corsie piene di fotocopie di me
stesso - ed anzi no, perché io quei pettorali mica ce li ho,
né la fiaschetta isotonica e gli occhialini a specchio - acqua
che ribolliva, fino ad otto pesci sapiens per corsia, un carnaio di
braccia, gambe, gomitate nei denti, isolate pancette a disagio ed
anche no, in perfetta armonia con tutto il resto, tette e cosce agonistiche
fasciate da improbabili costumini sexy-sportivi mescolate a chili
di cellulite scafandrati da palombaro, impiegati, megadirettori, segretarie
e stagisti, tutti a picchiarsi per il proprio centimetro di girovita,
e mi sono depresso. Ma depresso di brutto, eh?
Poi, piano piano, verso le nove, le corsie hanno iniziato a svuotarsi.
Un po' titubante mi sono avviato verso gli spogliatoi cercando di
passare inosservato, quasi invisibile. Il tempo di cambiarmi ed entrare
in vasca, ad acque ormai calme, con poca voglia e un po' di malinconia.
Finché, solo quindici minuti dopo, alla mia tornata numero
venti, un tipo si è tuffato dal blocco di partenza sfiorando
il mio cranio di pochi millimetri: sono emerso, ho fissato un energumeno
con maglietta verde e fischietto a bordo vasca e gli ho chiesto scusi,
ma non è libera questa corsia? No guardi, a quest'ora
c'è solo la vasca piccola, dall'altra parte.
E allora sono uscito, tra me e me ho mandato a fare in culo l'universo
globale tutto del fitness, mi sono fatto una doccia calda e me ne
sono andato a prendermi un trancio di pizza freddo. Mai pių
(di sera, si intende).
Piuttosto: ho ripreso a correre, ebbene sì. In altre parole,
ho deciso di provare a fregarmene un po' del male al tendine. Poiché
a riposo sto benissimo e non ho alcun problema, poiché non
mi fa alcun male né a sciare né a nuotare, è
evidente che è solo una questione di carico e di tipo movimento.
Così lunedì sera sono uscito e ho iniziato piano piano,
corsetta proprio blanda, facendo molta attenzione a come appoggio il piede destro, cercando quasi di volarci sopra e scaricando tutto il lavoro sul sinistro, e puntando a serie da 12', intervallate dalle
solite pause di 3'. In altre parole, ho iniziato a raddoppiare il
carico del mio
livello 4, saltando a piè pari il livello 5. Il fiato
ci sarebbe, quindi tanto vale provare. Ho chiuso con due serie da
12', una da 10' interrotta perché iniziava a farmi male il
tendine, ed altre due brevi da 4', un po' tirate, sempre intervallate
dai tre minuti di sosta, che a quanto pare sono anche sufficienti
per far rientrare immediatamente l'inizio di dolore appena si manifesta.
Insomma, fra una cosa e l'altra ho tirato la mia consueta oretta correndo
per 42', esattamente tanto quanto previsto dal mio precedente livello 4. Ho festeggiato
con un'altra pizza al trancio.
Forte di questa iniezione di ottimismo e del successo del mio metodo
curativo-me-ne-frego sperimentale, ieri ci ho riprovato: 4 serie complete
da 12', 48' minuti complessivi, il massimo a cui sia arrivato fino
ad oggi. Fiato ne avevo ancora un po', ma proprio verso la fine della
quarta serie il tendine si è fatto sentire per bene e mi sono
dunque fermato. Oggi nessun effetto collaterale, nemmeno a salire
e scendere le scale.
Fra un paio di giorni ci riprovo: se funziona ancora, per fine mese
conto di essere a 4x15', o 5x12'. Comunque a correre per un'ora. E
sarebbe già un primo piccolo, importante, passo. |
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Il Piz Palų si alza di fianco al Bernina, sulla cresta spartiacque
che divide l'Engadina dalla Valtellina. Sfiora i quattromila metri
di quota ed è un'ascensione classica delle Alpi Centrali.
L'avevo già salito
dieci anni fa tondi tondi, verso la fine dell'inverno, e
la ricordo come una delle giornate pių fredde che mi sia
mai capitato di affrontare nella mia esperienza alpinistica.
Partiti con un sole bellissimo, Bruno ed io venimmo colti quasi
in vetta dal brutto tempo. Io mi fermai sulla cima del Palų
Orientale, a quasi 3.900 metri, completamente congelato e in balìa
di un vento bestiale. Bruno proseguì per qualche centinaio
di metri lungo una sottilissima cresta quasi orizzontale fino alla
vetta Centrale, a quota 3.905. I duemila e passa metri di discesa
in neve polverosa lungo il ghiacciaio del Morteratsch, comunque,
ci ripagarono alla grande di tutto il freddo che avevamo mangiato.
Così, dieci anni dopo, ho deciso di tornare sul Palų,
sia per iniziare a salire un po' pių in alto in vista degli
obiettivi estivi, sia per effettuare la prima uscita con Massimo,
nuovo socio di cordata dalla lunga esperienza e carriera alpinistica,
che all'attivo vanta anche qualche spedizione extraeuropea e che
sul Palų non era mai stato.
Massimo, per inciso, ha un ruolo da protagonista in questo mio ritorno
all'alta quota e, soprattutto, nella vicenda del mio summit
quest. In altre parole, se questa ripresa dell'attività
dovesse pių avanti concretizzarsi davvero in qualche risultato
apprezzabile, la leva decisiva la dovrei in buona parte a lui.
Insomma, questa nuova cordata aveva ben da essere finalmente messa
alla prova. Così, sveglia alle 4.50 (sob) e via a prendere
la prima funivia del Diavolezza, dalle parti del Bernina Pass. In
teoria, previsioni del tempo pių che discrete, almeno fino
al pomeriggio.
Situazione meteo alla partenza della funivia, quota duemila, ore
8.30: cielo coperto e temperatura a -7º. Situazione a quota
tremila: uno schifo. Visibilità pessima, vento e fiocchi
di neve. Come potete intuire, non siamo andati molto lontani: abbiamo
giusto risalito la prima seraccata (peraltro molto pių aperta
di come la ricordavo), ma poi, perlomeno io, non sono andato oltre
i 3.300 metri. Non distinguevo pių nemmeno la mia traccia
in mezzo ai crepacci, avevo freddo, e le condizioni erano davvero
poco invitanti. Il mio forte socio ha provato a proseguire per altri
cento o duecento metri, prima di girare gli sci a valle e arrendersi
a sua volta.
Comunque millecinquecento metri di discesa lungo il ghiacciaio,
con una neve a tratti stupenda, gių fino alla stazione ferroviaria
del Morteratsch, non ce li ha tolti nessuno.
Niente quarta cima di stagione, dunque, ma giornata piena in ogni
caso. Soprattutto, nessun problema con il ginocchio, che evidentemente
soffre proprio solo la corsa. Resta il punto: se non posso andare
a correre, come accidenti mi alleno?
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A memoria, non scendevo sotto gli ottanta chili dal 2002. E se tengo conto del fatto che non vado pių a correre ormai da tre settimane per il problema al ginocchio (ho provato lunedì scorso, ma dopo dieci minuti ho dovuto immediatamente smettere), e che nello stesso periodo sono andato in piscina solo un paio di volte, be', c'è di che meravigliarsi.
Osservazione numero uno: un mesetto fa mi sono comprato tre paia di pantaloni, due 50 ed una 52, perché in quella 50 proprio non ci entravo. Adesso non mi basta pių nemmeno la cintura per tenerli su. Non mi è chiaro se dovrei rallegrarmene o meno.
Osservazione numero due: a questo punto domani posso anche mettere la reflex nello zaino; se peso tre chili in meno del solito, uno in pių sulle spalle posso permettermelo.
Osservazione numero tre: ora però vado a mangiare, eh? Un bel panozzo ai wursterl ed una bella media chiara me li merito proprio :-) |
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