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Devo trovare il tempo di aggiornare l'archivio fotografico.
Lo so. Prima o poi lo faccio. Forse poi. Magari in vacanza.
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E comunque, dopo un mese di Harenda, per questa sera a Budapest mi sono concesso il Le Meridien. Come dire, va bene tutto, ma alla mia età quando ci vuole ci vuole.
P.S. Avrei un solo appunto per gli amici del Le Meridien: perché mai, a loro avviso, dovrei pagare 20 euro (!) per la connessione wi-fi ad Internet dalla camera quando (a) il collegamento con il cavo funziona benissimo, è pių veloce e soprattutto è gratuito, e (b) il segnale del wi-fi pubblico, anch'esso gratuito, dalle camere si prende benissimo? |
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Secondo Alitalia, o almeno, secondo chi produce i contenuti per le proiezioni durante i voli Alitalia (avete presente quei brevi video che vi introducono alla città nella quale state atterrando?), "Budapest, the capital and the largest city of Hungary, straddle the Rhine". Epperò. |
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Caro amico pendolare, eccomi ancora a te. Perché
ti ricordi di me, vero? Sono quello di Saarbrücken.
Come va il tuo SUV, tutto bene? E in tangenziale? Ecco,
a proposito di tangenziale, sai che c'è, è
che anche io c'ero stamattina, proprio lì dietro
di te.
Caro amico pendolare, io questa mattina mi sono svegliato
alle sei e venti, puntuale con la sveglia, e sì,
hai ragione, è strano. Pensavo la stessa cosa mentre
mi rotolavo coccolone nel lettone e mi dicevo mmmmh,
sì, adesso mi alzo, ancora un attimo please, ma guarda
quanta luce c'è già a quest'ora, e dire che sono
le sei e venti... le sei e venti, sì... giusto, perché
ho messo la sveglia alle sei e venti, come al solito, no?...
No, miseriaccia eva! Il solito un cazzo! Alle CINQUE
E VENTI la metto la sveglia di solito, io, perché
alle sei e trenta io devo stare *già* in tangenziale,
porcaccio giuda santissimo.
Caro amico pendolare, io questa mattina ho iniziato la giornata
fiondandomi gių dal letto ad una velocità
pari a quella del suono - infatti mi muovevo pių
rapido dei santi che tiravo gių nel frattempo - perché
a mezzogiorno avevo in agenda la prima di un'infinita serie di riunioni
a Budapest, e per arrivarci, a mezzogiorno in ufficio a Budapest, dovevo *assolutamente*
prendere il volo delle nove e venticinque a Malpensa. E
se consideri che ero rientrato da Alba solo otto ore prima...
Caro amico pendolare, io questa mattina sono uscito di casa
praticamente in pigiama e con lo spazzolino in bocca, saltando
ovviamente la colazione, e grazie a questo brioso e frizzante
avvio di giornata sono riuscito ad entrare in tangenziale
con soli quindici minuti di ritardo sulla mia usuale tabella
di marcia, che per uno come me che si muove sempre con discreto
anticipo non era nemmeno male. Solo che.
Solo che questa mattina c'era lo sciopero dei treni. E quindi,
amico pendolare, tu e tutti i tuoi dannatissimi colleghi
avete tirato fuori i vostri SUV stracciamaroni e siete venuti
a intasarmi a tappo - alle sei e cinquanta del mattino -
quella che nell'occasione doveva essere la mia pista di
Indianapolis. Eravate MILIONI. E come se non bastasse, appena
inforcata la tangenziale a passo d'uomo, mi sono ritrovato
sotto un pannello luminoso che recitava "11 km di coda
per cantiere". UNDICI CHILOMETRI DI CODA ALLE SEI E
CINQUANTA???
Così, amico pendolare, avendo iniziato a comprendere
che la partita era di quelle drammatiche, ho giocato il
tutto per tutto e a Cinisello sono immediatamente (immediatamente,
sappilo, è un eufemismo in questo caso) uscito dalla
tangenziale per andare a prendere la Nord. Tanto lì
in A4 eravate tutti fermi. Certo, avrei allungato il percorso
di una decina di chilometri, ma almeno sarei uscito dall'imbottigliamento.
Il fatto, amico mio, è che non devo averlo pensato
solo io, perché anche sulla Nord, che è sempre
deserta, eravate a milioni. Milioni, ti dico. Tutti fermi.
E per andare a Malpensa da casa mia, caro amico, non esiste
una terza alternativa, no no. Insomma, per citare uno che
di tangenziali temo ne capisca poco, game over.
Amico pendolare, dalla Nord ho impiegato un'ora solo per
arrivare a riprendere la A4 a Cormano. E a quel punto erano
le otto e quindici. E io, l'aereo a Malpensa, sempre alle
nove e venticinque lo avevo.
Amico pendolare, mi capisci vero? Ancora fermo. Alle otto
e trenta ho intravisto all'orizzonte l'imbocco della Milano-Laghi,
ma ho anche capito che a quel punto potevo arrendermi. Il
primo round era ormai perduto.
Così ho chiamato Alitalia e ho chiesto di spostarmi
sul volo successivo. Che, per la cronaca, era previsto alle
15.15, con arrivo a Budapest alle 16.45. Giornata a puttane,
dirai tu, e invece no bello mio, perché dall'ufficio
di Budapest mi avevano appena fatto sapere che mi avrebbero
spostato le riunioni di conseguenza. Non il massimo, certo,
ma vabbè. Sempre quello di Saarbrücken sono,
io.
A quel punto, amico pendolare, secondo te che ho fatto?
Perché, se sai contare e fare due pių due,
era assolutamente chiaro che ora avrei dovuto essere in
aeroporto al massimo per le 13.30, anche perché sarei
dovuto passare in biglietteria prima di fare il check-in.
E viste le condizioni della tangenziale era altresì
chiaro che di tornare a casa non se ne parlava proprio.
Così ho proseguito. E sono arrivato a Malpensa alle
9.40. Cinque ore e mezza prima del mio volo (e quindici
minuti dopo la partenza dell'altro). E senza ancora aver
fatto colazione.
Sì, amico pendolare. Come prima cosa ho dunque fatto
colazione. Tre ore e mezza dopo essermi svegliato. Due e
mezza delle quali passate in macchina per fare sessantacinque chilometri.
Poi mi sono cercato un posticino, mi sono messo il pc sulle
ginocchia, e ho lavorato un po'. Confesso, ho anche chiuso
gli occhi e credo persino di essermi appisolato per una
mezz'ora. Diciamolo, amico pendolare: quasi quasi mi stavo
anche rilassando un po', nonostante l'avvio di giornata.
Caro amico pendolare, alle 14.40, senza aver pranzato perché
tanto pranzo in aereo, mi sono presentato puntuale
al gate per l'imbarco. Solo che.
Solo che nel frattempo c'era stato qualche problemino nello
spazio aereo austriaco, proprio sulla nostra rotta pare.
Maltempo, dicevano. E così il volo è stato
spostato di un'altra mezz'ora avanti. E, quel che è
peggio, ho avuto pure la sfiga di trovarmi sullo stesso volo
di "quello che si incazza". Hai presente
quello che si incazza, amico pendolare? Quello che perde
subito la pazienza, e vuole parlare con il responsabile
(e chi sarebbe, Giuliacci?), quello che io prendo questo
aereo tutti i giorni ed è sempre la solita storia,
quello che insulta le hostess di terra e se la prende con
loro e dice che per fortuna che adesso Alitalia va in fallimento
così le licenziano tutte e la finiscono di prendere
per il culo (sic) la gente, e che alza sempre pių
la voce e cerca (quasi inutilmente, per fortuna) consenso fra gli altri passeggeri, e si
mette pure a bestemmiare, e la hostess, bontà sua,
senza battere ciglio gli fa notare che a) lei non è
solita occuparsi della transitabilità degli spazi aerei
e b) soprattutto, lei *non è* di Alitalia, ma di
SEA, e a lei che Alitalia vada o meno in fallimento, le
fa una pippa.
Al che però "quello che si incazza" si
incazza ancora di pių e, ahimé, trova pure
la solidarietà di un altro come lui, e quindi proseguono
in stereo, e vogliono parlare anche con il presidente della
repubblica, e Roma la deve finire di mangiarci i soldi,
e prima o poi terroni di merda (sic) ve la facciamo vedere
noi, e insomma, si va avanti così per un po' finché,
spazientite, le hostess e un "responsabile" a
caso della SEA chiamato ad intervenire, pur di toglierseli entrambi dai maroni,
ci fanno salire sull'aereo.
Dove, con tono molto amichevole e pacifico, in grande serenità,
il comandante ci annuncia che passeremo almeno un'altra
ora, perché - guarda un po' - lo spazio aereo austriaco è chiuso
per maltempo.
E allora il tipo si rialza dal suo posto e, questa volta
inferocito, travolge le hostess e *vuole* parlare con il
comandante, perché lui non li sopporta pių
questi romani che ci prendono per cretini e ci raccontano
balle (sic), e vuole farglielo vedere lui come si deve lavorare
e, soprattutto, governare il traffico aereo del pianeta.
Il suo socio di incazzatura, poi, pretende anche di vedere
sul computer di bordo la giustificazione della chiusura
del nostro slot di volo. Io inizio ad avere le allucinazioni,
anche perché, naturalmente, dentro l'aereo sotto
al sole la temperatura va alle stelle e io, ovviamente,
non ho ancora pranzato.
Amico pendolare, voglio fartela breve. Io sono decollato
da Malpensa alle 16.30, e sono atterrato a Budapest alle
18.00, esattamente mentre tu, suppongo, te ne stavi ancora fermo,
sì, in tangenziale, ma sulla via del ritorno
a casa, con l'aria condizionata e il tuo impianto stereo
da diciottomila euro a palla. Io invece sono sceso a Budapest, ho
trovato 38 gradi (il comandante aveva detto 34, ma il tassista
ha infierito e ha detto thirtyeight), ho mangiato solo
un tramezzino Alitalia al formaggio e paté d'olive
(questo passa il convento) e la mia giornata lavorativa
è iniziata *a quel punto*. Perché sono dovuto
andare direttamente in ufficio. Esattamente dodici ore dopo
essermi svegliato.
Capisci, amico pendolare, perché ci sono giorni, pių di altri, in cui
ti odio?
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Quello delle 9:25 per Budapest, nella fattispecie. |
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Aeroporto internazionale di Zagreb. Wi-fi gratuito, anche
qui. Controllo raggi X, non c'è nessun altro a parte
il mio socio ed io.
- Un attimo per favore, devo tirare fuori dallo zaino
i flaconi di liquido che...
- [dialetto croato] Levati
dai piedi, muoviti.
- Ah, mi scusi, sì, ma aspetti, ho il pc e...
- [dialetto croato] Ti
ho detto di muoverti rimbambito!
- Mi scusi, mi muovo, ecco passo, ma vede...
BIIIIPPPPPPPP BIIIIPPPPPPPP BIIIIPPPPPPPP BIIIIPPPPPPPP!!!!
- ...Ecco, appunto, le stavo dicendo che ho addosso...
- [dialetto croato] Senti
citrullo, ti togli dai piedi e passi o devo prenderti a
calci?
- No la prego, grazie, mi scusi se le ho fatto
perdere tempo, riprenda pure il suo giornale.
Praticamente come all'aeroporto di Lussemburgo. |
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Mica scherzavano.
Puonciorno zignori i zignori, zono il fostro komantante,
penfenuti a porto ti kuesto airoplano tornier trecentofentotto
kon testinazione Zagreb (giuro). Che poi, fosse solo
per il cugino del Barone Rosso. Il problema è che
quello blatera, io guardo fuori dall'oblò e, mentre
le eliche iniziano a girare e a mandare l'intera fusoliera
in risonanza, osservo con raccapriccio lo stato del motore
proprio sul mio lato. E penso che forse, tutto sommato,
con un Antonov bulgaro mi sarebbe andata meglio.
Sopravvivo, sì, anche al panino alla bresaola e caprino
servito in volo alle nove del mattino. Ed è così
che con una bella picchiata degna delle Tigri Volanti, che
ci porta in cinque minuti da quota settemila a duecento, il
nostro mi scodella in un caldo lunedì mattina a Zagreb,
Croazia. Dove, per la cronaca, all'aeroporto 'sti qua ti timbrano
ancora il passaporto.
Ad onor di statistica annoto che all'aeroporto di Zagabria,
di lunedì mattina ore 11.10, si contano all'appello:
un Tupolev dell'Aeroflot, un turboelica battente bandiera
sconosciuta, forse aliena, un piper arrugginito ed il nostro
già leggendario ed inquietante Dornier 328. Per dire:
in classifica, quelli fichi saremmo noi.
Il solito tassista baffone locale mi aspetta con il solito
cartello (è un periodo che agli aeroporti trovo ad
aspettarmi sempre tassisti con i baffoni), mi carica, mi dice
un paio di parole in serbo-croato stretto, una delle quali
suona tipo òffiz, tiro a indovinare e dico yez,
e c'azzecco, perché in effetti mi porta in ufficio.
Zagreb òffiz, ultima tappa di questa tourné,
per ora.
Va detto che lo Zagreb òffiz ben si presta ad un po'
di fotoblog sperimentale, trovandosi nel solito nuovo complesso
acciaio e cristallo. In pausa caffè mi affaccio alla
finestra dell'ottavo piano e scatto a casaccio qua e là.
Sai mai che queste rimangano le uniche testimonianze del mio
rapidissimo passaggio da queste parti. E poi qualche foto
a Zagreb già l'ho fatta un
paio d'anni fa.
Al solito, anche questa volta telefonino e via. Averla, la
fida Canon...
E invece no. Per una volta Gianluca ed io esauriamo la fila
di riunioni e di appuntamenti ad un'ora decente. Albergo abbastanza
centrale (questo,
per la cronaca, bello bello) e dunque possiamo chiudere la
nostra giornata con due passi nell'isola pedonale e un paio
di birre.
Zagabria è pių o meno come la ricordavo, non
fosse che l'ultima volta c'eravamo stati d'inverno. Qualche
bel pub, qualche locale interessante, vita discreta alla sera.
Rimane pių che altro una tappa da touch and go
sulla rotta per Belgrado.
Poiché i voli diretti da/per Milano da/per Zagreb (con
qull'affare lassų) sono solo al mattino, non possiamo
rientrare fino a domani. Poco male. Non che del resto muoia
dalla voglia di riaffrontare la vasca da bagno ad elica di
cui sopra.
Non fosse che ho la macchina alla Malpensa, un pensierino
a rientrare in Italia in monopattino, piuttosto che risalire
su quel coso, lo farei davvero. Mica per altro, è che
io la bresaola proprio la odio. |
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Di corsa, di corsa, di corsa. Non ho tempo, è tardi,
ho sonno e tante altre cose da fare. E ne avrei di cose, ad
iniziare da quanto Praha sia ancor più bella di come
la ricordavo. Di quanto sia verde, viva, musicale, affollata
- anche troppo.
E dovrei anche parlarvi - come ormai d'abitudine - del Best
Western Hotel Kampa, che si trova proprio nel cuore
di Malá Strana, a due passi da Karluv Most: è
ricavato all'interno di un vecchio palazzo medievale completamente
ristrutturato, soffitti affrescati, armature in giro ovunque,
atmosfera un po' inquietante, bello e straordinariamente silenzioso
e comodo. Centro, questa volta, nel senso del bersaglio.
E del resto, cosa puoi volere di più che svegliarti
al mattino nel cuore di Praha-Praga e sì, dover andare
a lavorare, ma fuori la giornata è calda e stupenda,
e fai colazione al buffet apparecchiato nelle cantine a grandi
volte di questo strano hotel, circondato dai cavalieri della
tavola rotonda e accompagnato in sottofondo da un pianista
lounge che suona dal vivo. Cosa puoi volere di più
da una qualunque giornata di lavoro?
Cena in terrazza a Malá Strana con vista sui tetti
della città? Giovani violinisti che ti accompagnano
attraverso il parco mentre rientri in albergo? Una birra ceca
alla spina prima di andare a dormire? Lieve arietta fresca
che soffia dalla Moldava? Due passi fino a Staré Mesto
per vedere se è ancora come la ricordi, aprendoti il
passaggio fra la folla di migliaia di turisti da ognidove
ed ogniquando?
Sì, in aeroporto, nel nuovissimo ed esagerato aeroporto
di Praha, c'è il wi-fi gratuito. Come a Budapest, del
resto. Come spesso accade, ormai. Finché non ripassi
da Malpensa.
Averla avuta la fida Canon, invece del telefonino.
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Best Western
Hotel Kampa...
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Sul Karluv
Most (Ponte Carlo), verso Malá Strana
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Staré
Mesto e la Moldava
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Sul Karluv
Most (Ponte Carlo), guardando Malá Strana
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Malá
Strana
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La sponda
di Staré Mesto sulla Moldava
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Malá
Strana, verso Karluv Most (Ponte Carlo)
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La torre di
Ponte Carlo sulla sponda di Malá Strana
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Questa l'ha
scattata Gianluca in Staromestské Námestí
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E adesso una rapida sosta a casa, prima di ridecollare per
Zagreb, Croazia, quarta ed ultima (almeno per ora) tappa di
questo strano tour balcanico. Sono inseguito da una scia di
fogli bianchi riempiti di appunti volanti scritti fitti fitti,
o anche no. Dipende dalle pagine.
Ma sono note di lavoro, non di viaggio. Sorry. |
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Ieri ho lavorato persino in aereo. Delle due l'una: o l'entusiasmo improvviso per questo lavoro ha addirittura anestetizzato la mia proverbiale paura di volare, oppure sono disastrosamente indietro. |
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Catalogo generale dei passeggeri sui voli Milano - capitale
qualunque dei paesi dell'est:
- gita pentole casalinghe e pensionati di Gorizia;
- giovani odiosi che andiamo a Praga (a Budapest,
a Varsavia, ...) perché è pieno di gnocca
e là si ciula, mica come le italiane che se la tirano;
- imprenditori del Bel Paese con catena d'oro attorno al
collo, camicia bianca a collettone alto aperta fino al secondo
bottone, giacca blu con bottoni d'oro, capelli lunghi, occhiali
da sole firmati rigorosamente tenuti sulla testa;
- ragazze giovani dell'est che vanno in Italia a caccia
di lavoro/tornano in famiglia senza un lavoro, o forse anche
no;
- giovani consulenti alle prime armi sparati presso clienti
di dimensioni planetarie: solitamente producono ruote zincate
per macchine agricole ed hanno il proprio stabilimento nella
campagna polacca/rumena/ungherese, a sette ore di Apecar
abusivo dall'aeroporto della capitale di turno;
- donne polacche/rumene/ecc. alla pari, con annesse borse di plastica;
- backpacker nostalgici (quelli ci sono sempre, immancabili,
con il loro inseparabile zaino);
- da qualche tempo in qua: due pirla con trolley; il secondo
varia a seconda della destinazione. |
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