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Ora, è tardi, sono stanco, e tutto ho fuorché
voglia di scrivere. A parte il fatto che da un po' di giorni
non ci facciamo vedere da queste parti, ma è un periodo
così, abbiamo tanto da fare, rivoluzioni da gestire,
novità da affrontare a ritmo serrato. Spostamenti
a breve e a lungo raggio da programmare e a cui lavorare,
professioni che cambiano, tigrotti che crescono e imparano
a dire mamma e papà, tate multinazionali che ruotano
intorno a noi, opere in corso. Un caos indescrivibile di
eventi frenetici che a fatica controlliamo, quando li controlliamo.
Ma stavo leggendo il numero di novembre de Lo
Scarpone e scopro per caso che al Senato è
stato presentato questo
disegno di legge. Riguarda la "Disciplina della circolazione
motorizzata su strade a fondo naturale e fuoristrada".
Traduco per noi poveri elettori: "Regole per circolare
fuoristrada con mezzi motorizzati".
No, non ho alcuna voglia di commentare. Del resto, che volete
che dica a proposito dell'articolo 4, comma 2, lettera C,
secondo il quale "è vietato ai mezzi motorizzati
il transito sui sentieri, con l'eslusione delle moto da
trial". E più avanti, articolo 7, che consente
alle comunità montane di autorizzare la circolazione
sulle strade bianche dietro versamento di un pedaggio. E
ancora, articolo 11, una vera perla: regola ed autorizza
l'organizzazione di gare motoristiche su strade bianche.
Ecco ciò che abbiamo sempre sognato. Una bella nuvola
di smog e rumore in alta quota a cullare gli escursionisti,
una tranquilla convivenza fra migliaia di papà che
portano i figli in spalla lungo i sentieri e simpatiche
moto da trial che sfrecciano loro intorno, una democratica
e pacifica coda di fuoristrada che sorpassano ordinatamente
a sinistra file di appassionati che in montagna ci sanno
andare - e ci vanno solo - con le proprie gambe.
Ma sì, andiamo avanti così. Con le moto da
trial, i Land Rover da duecento cavalli, l'eliski, le motoslitte,
gli impianti a fune che scaricano bitume e travi di acciaio
nei crepacci dei ghiacciai. La montagna è di tutti,
è giusto che tutti possano accedere alle meraviglie
che la montagna può offrire, con qualunque mezzo
e alla faccia di qualunque pirla di escursionista della
domenica con la sua camicia di flanella a quadretti orrendi.
E, mi raccomando: continuiamo a regolamentare lo sci proibendo
agli scialpinisti di risalire le piste lungo i bordi e multando
chi non rispetta la precedenza, istituiamo il numero chiuso
sulle vie alpinistiche, proibiamo la frequentazione della
montagna agli alpinisti non provvisti di regolare patente
e licenza da rilasciarsi dietro versamento di una qualche
tassa cospicua.
No, non commento. Non scrivo. Non partecipo. Non ci provo
nemmeno a spiegare perché torno regolarmente a Saas
Fee, o qual è la differenza fra Zermatt e Cervinia.
E' già così evidente da sola, quella invisibile
linea di frontiera che attraversa il Plateau Rosa, che confina
a sud i nuovi barbari, quelli che corrono ai piedi di una
delle montagne più belle del mondo spingendosi fino
a tremila metri con le loro arroganti, prepotenti e maleducate
quattro ruote motrici. Che lascia a nord gli antipatici,
scostanti e razzisti svizzeri, quelli che non ti danno la
cittadinanza nemmeno se a casa loro ci abiti e lavori per
trent'anni filati, quegli stessi odiati crucchi che impediscono
a qualunque mezzo motorizzato di salire fino in paese -
a 1.600 metri - e che ti obbligano a lasciare la tua amata
station wagon nel parcheggio a valle e a prendere il loro
trenino elettrico rosso.
Non è che l'erba del vicino abbia una qualche tonalità
particolare di verde. E' che la nostra è sempre più
color piombo. Grazie a qualche pomposo pallone gonfiato
che abbiamo votato.
Viaggio, mi lascio cullare e mi addormento con Mark Knopfler
e il suo Shangri-La.
Passo ogni mattina dal Caffè
di Emanuela. |
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Gianni mi segnala questo
articolo di Aghali Abdelkader ripreso da La
Republicain, il primo quotidiano del Niger. Il punto
di vista al di là del mare e delle grandi sabbie:
"Près de 5.000 Nigériens ont été
récemment expulsés de Libye. Sur la route
du retour au Niger, une douzaine avait perdu la vie, comme
nous l'avions annoncé dans notre édition du
23 septembre dernier. Démunis et ruinés par
des policiers libyens, déçus et meurtris par
les comportements de notre consul en Libye, des douaniers,
policiers, militaires et autorités du Niger, ces
expulsés ne savent plus à quel saint se vouer.
Ils disent avoir vécu l'enfer au Niger plus qu'en
Libye.
Tripoli prend le taureau par les cornes. Accusée
par le gouvernement italien d'être le point de départ
de beaucoup d'Africains subsahariens qui échouent
quotidiennement, souvent dans des conditions tragiques,
sur ses côtes, la Libye expulse à grande échelle.
Beaucoup d'Africains ont ainsi pris le chemin du retour
sous le coup d'une mesure d'expulsion radicale. Ces dernières
semaines, près de cinq mille Nigériens sont
revenus au pays, démunis certes et appauvris du jour
au lendemain par les policiers libyens. Mais surtout meurtris
par les comportements de notre consul en Libye, des douaniers,
policiers, militaires et autorités du Niger.
Le 15 septembre dernier à Sabha, quatre mille
huit cents Nigériens expul-sés de Libye ont
pris place à bord de vingt quatre camions libyens,
qui prennent la direction du Niger. Sous l'escorte de l'armée
libyenne, le voyage s'effectue presque sans encombre à
travers l'immense désert qui sépare les deux
pays jusqu'au poste militaire nigérien de Madama,
là des camions nigériens, comme d'habitude,
prennent le relais.
Quelques jours plus tôt, ces Nigériens
comme beaucoup d'autres Africains subsahariens vivants en
Libye, ont été frap-pés d'une mesure
d'expulsion décidée par les autorités
libyennes pour, disent-elles, juguler l'immigration clandestine
dont la Libye est accusée d'être la plaque
tournante par les pays de l'Union Euro-péenne. Arrêtés,
maltraités, humiliés et jetés dans
des containers pour marchandises pendant plusieurs jours,
ces nigériens disent avoir tout perdu: objets de
valeurs, argent, emploi...Beaucoup ont dû laisser
sur place des boutiques, taxis, magasins, et même
des biens mobiliers et immobiliers, fruits d'un dur labeur,
sous la menace d'expulsion. Ils n'eurent, pour la plupart,
pas le temps de prendre le moindre objet avec eux. Et c'est
pratiquement les poches vides qu'ils furent contraints de
monter à bord de camions déjà prêts
à démarrer.
Le consul du Niger à Sabha (Libye) s'est montré,
selon eux, indifférent à leur situation. Mis
à part un «laisser- passer» (cf- fac-similé)
établi par ses services à chaque expulsé
nigérien, il n'avait rien entrepris d'autre envers
les autorités libyennes pour faire libérer
des gens arbitrairement arrêtés et incarcérés
(cf. encadre sur Mahamadou.Abdoulwahab).
«Il faut dire que ce qu'on a subi au Niger
et pire que ce qu'on a vécu en Libye», affirme
Mahamadou Malam Ibra-him, originaire de Tahoua. Et Dirkou
fut une étape inoubliable. Là- bas, les nigériens
disent avoir été déçus et meurtris
par l'attitude des douaniers, policiers et miliaires. Rien
n'a échappé à leurs appé-tits:
objets de valeurs, habits, argent. Insensibles à
leurs malheurs, ils les traitè-rent de manière
très inhumaine." |
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Scusate, ma non posso fare a meno di citare ancora una
volta quest'uomo:
"[...] Il sequestro di due ragazze per ottenerne
dei soldi con la minaccia di ucciderle è terrorismo
o resistenza? Lo sgozzamento di Enzo Baldoni è terrorismo
o resistenza? L’ammazzamento a colpi di autobomba di
trentasette bambini è terrorismo o resistenza? Il
macellamento di dieci nepalesi è terrorismo o resistenza?
L‚Äôammazzamento di Fabrizio Quattrocchi è terrorismo
o resistenza? L’attentato all’ONU, la morte di
Vieira de Mello è terrorismo o resistenza? Bigley
nella gabbia è terrorismo o resistenza? Far saltare
in aria i soldati americani è terrorismo o resistenza?
E i carabinieri italiani?
Fateci sapere cos‚Äôè che non vogliamo condannare,
così, per regolarsi. [...]"
Il post intero è qui.
Applausi. |
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