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Chi ha avuto occasione di leggere le nostre lettere dall'Asia,
o l'anteprima del nostro
libro, ricorda molto bene cosa scrivemmo relativamente
alla situazione cinese ed al modo con il quale i governi
occidentali guardano a Oriente. A distanza di due anni,
ancora mi sale la pressione a discutere di questi argomenti.
Qualche mio collega mi prende tuttora per i fondelli: "Ho
visto due cinesi in strada ed uno stava sputando sulla tua
macchina."
Proprio in questi giorni Emanuela, che continua a sfidare
la Cina leggendone a quintali, ha per le mani Oltre
la Muraglia di Colin Thubron. Me ne ha fatto sfogliare
qualche paragrafo: improvvisamente mi sono ritrovato su
quei treni, in mezzo a quella gente, annegato in quegli
odori, stordito da quei rumori, urtato da quella supponenza,
e mi sono nuovamente innervosito. Mai però quanto
Thubron, paragonato al quale mi sento quasi filomaoista.
Sorrido (si fa per dire) ripensando a chi mi accusò
di essere solo uno stupido turista ignorante. A chi pensa
(e penserà, dopo la pubblicazione di Asia Overland)
che ci siamo andati pesanti, consiglio di leggersi il libro
di Thubron e di esplorare la letteratura di altri viaggiatori-autori
al riguardo.
La Cina continua dunque ad andare di gran moda. Quotidianamente
mi capita di leggere nuovi articoli
e inchieste
che non fanno altro che confermare ciò che noi scrivemmo
due anni fa, alla faccia dei nostri detrattori. Quello che
però oggi vedo qui
riesce a farmi incazzare una volta di più. Perché
non si tratta del problema Cina, bensì del problema
Occidente e di come si ponga il nostro modello (di civiltà?)
nei confronti della presunta nuova ondata di modernità
e aria di "libero mercato" che pervadono la Cina
di oggi.
Io odio tutto ciò, mi fa gonfiare il fegato. E' la
permeazione fra due sistemi apparentemente contrapposti
e perversi che si giustificano reciprocamente. E' il trionfo
dell'unica vera globalizzazione, l'oligarchia economica,
figlia della democrazia e sponsor della non-democrazia per
eccellenza. Surreale, per dirla eufemisticamente. Ed io
continuo ad incazzarmi. Sarà che passano gli anni
e divento sempre più irascibile ed antipatico.
Torno ad ovest. Tutti i giorni non manco mai di dare un'occhiata
a Wittgenstein.
Sofri junior si rivela sempre un buon cacciatore e scrive
anche piacevolmente, il che non guasta affatto. Fra le segnalazioni
di oggi, merita sicuramente di essere ripresa questa:
si parla di Islanda, una volta tanto controcorrente.
Io conosco bene la Scandinavia (a meno dell'Islanda). Ci
sono stato parecchie volte, anche per lavoro, ho amato la
Norvegia, molto meno la Svezia, mi ha incuriosito la Finlandia
e torno sempre volentieri in Danimarca. I Paesi scandinavi
sono stati a lungo un altro tema del quale spesso dibattere
con gli amici. Continuo a manifestare il mio scetticismo
quando sento citare la qualità della vita svedese
come modello di riferimento e miraggio ultimo di efficienza
e perfezione. Ricordo molto bene la desolazione delle cittadine
norvegesi - delle quali, pure, sono stato a lungo innamorato
- dopo le cinque del pomeriggio: le strade vuote, gli zig-zag
per evitare gli ubriachi, l'aria sottile delle lunghe notti
bianche estive mescolata all'odore di birra e unto.
Ho in programma, prima o poi, di affrontare il mio quarto
viaggio a Capo Nord, per portare Emanuela e Leonardo a conoscere
la luce straordinaria dei fiordi che accarezza il mare immobile
colorato da quel sole basso che non tramonta mai. Il suolo
umido della tundra lappone, la vita silenziosa dell'artico,
quel clima che in estate proprio non riesci a comprendere.
Mi manca spesso la Norvegia. E pensare che dopo il mio ultimo
viaggio
ne ero del tutto saturo. Però non mi sorprendo a
leggere Wittgenstein, pur non conoscendo l'Islanda.
Del resto, non l'ho scritto io. C'è del marcio in
Danimarca. |
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Facciamo che non la butto in politica, ma a me, questa
storia del cinquantenario
della conquista del K2, dei nostri eroi che stanno scorrazzando
su e giù per l'Himalaya e il Karakoram, e tutto il
bla
bla bla mediatico
attorno alla vicenda, fanno davvero incavolare.
Facciamo che invece di buttarla in politica e sollevare
questioni su ciò che pubblicano
i Media,
e soprattutto sul perché lo pubblichino, vi racconti
io un po' di Storia, così magari da domani, se seguite
anche solo distrattamente gli eventi in questione, leggerete
il Corrierone, la Repubblica, e guarderete i servizi dei
tiggì con occhi un po' diversi.
Ve la faccio (quasi) breve, nonostante potrei scriverne
per giorni e citarvi una bibliografia chilometrica in merito.
Nel 1953 gli inglesi salgono l'Everest per la prima volta.
A dire il vero ad arrivare in vetta sono un neozelandese
di buona volontà e poca fama (fino a quel momento)
ed uno sherpa che sull'Everest era già stato una
dozzina di volte e nei dodici mesi precedenti aveva già
sfiorato il successo in un paio di occasioni. Ma la spedizione
era britannica e quindi onore a Sua Maestà.
Da allora quasi duemila persone sono salite in vetta all'Everest
(erano 1.780 al maggio del 2003).
Le statistiche più significative le trovate anche
qui
su Orizzontintorno, ma giusto per brevità vi racconto
che già nel 1978 un tale Reinhold
Messner ed il suo compagno Peter Habeler salivano
la montagna più alta del mondo per la prima volta
senza ossigeno, fra l'incredulità generale del mondo
accademico e alpinistico; ancora, nel 1980 quello stesso
Messner la saliva completamente da solo, senza sherpa, senza
un accidente di niente e per giunta quasi in periodo monsonico.
A quel tempo, per la cronaca, essere soli sulla montagna
significava esattamente questo: nessun altro, niente altro.
Niente radio, meno che meno telefoni satellitari, l'umanità
più vicina a qualche centinaio di chilometri di distanza.
Oggi non si contano quasi più le imitazioni. E già,
trovato il pazzo che dimostra che si può fare, tutti
a seguirlo, dopo. Solo che se tutti lo imitano, capita che
sulla montagna ci siano anche cento persone contemporaneamente
e che poi arrivino i satellitari, le attrezzature sempre
più tecniche, i campi fissi attrezzati con docce
a pagamento, e via così. Sto divagando, torniamo
alle nostre statistiche sull'Everest.
Sempre per stare nelle cronache recenti, Hans
Kammerlander, famoso compagno di Messner, qualche
anno fa l'Everest lo ha salito in 16 ore, portandosi solo
mezza borraccia di tè, e ne è sceso in sci
dalla vetta: è stato il più veloce senza l'aiuto
delle bombole di ossigeno. Con le bombole, uno Sherpa c'è
riuscito in meno di 11 ore. Undici ore, signori, dieci e
cinquantasei minuti per la precisione, dal campo base, quota
5.000, alla vetta, quota 8.850 metri sul livello del mare.
Ancora cronaca: lo scorso anno, in occasione del cinquantenario
della prima salita, sono arrivate in vetta anche 50 persone
nello stesso giorno. L'Everest è stato ormai salito
in qualunque stagione e per decine di vie diverse. Apa Sherpa,
che ha 42 anni, in vetta è salito 13 volte, e ci
sono arrivati anche un ragazzo di 15 anni, un anziano di
70, un diabetico, un cieco, un uomo senza una gamba e -
ne scelgo uno a caso fra migliaia - questo signore qui,
un vero appassionato di viaggi che di mestiere fa l'ingegnere
nucleare e che si diverte a mantenere un sito
web come il nostro. Dimenticavo: ci proverò
anche io (che poi ci riesca è tutto da vedere).
Ora, questo non toglie nulla all'impresa che tutti questi
personaggi hanno compiuto. Intendiamoci: salire l'Everest
è sempre una bella scommessa con la propria pellaccia,
molti quella scommessa la perdono ancora e non entro in
tutte le polemiche sulla questione. Non è qui che
voglio andare a parare.
Ma vi dico ciò per farvi riflettere un po', prima
di saltare alle conclusioni.
Cambio scena.
Nel 1954, un anno dopo la conquista dell'Everest, una spedizione
italiana organizzata di fatto dallo Stato con metodi quasi
militari e condotta da Ardito Desio, con gran profusione
di soldi dei contribuenti, di mezzi e di persone, arrivava
per la prima volta in vetta al K2,
seconda montagna della Terra. Naturalmente
da allora, così come l'Everest è la montagna
degli inglesi, il K2 è la montagna degli italiani
che, fra parentesi, dopo cinquant'anni si picchiano ancora
per alcune polemiche nate allora e per alcune questioni
non proprio limpidissime sull'organizzazione di quella spedizione
e sui comportamenti di alcuni alpinisti che ne fecero parte
e di altri che non ne fecero parte, a torto o a ragione.
E vabbè, nemmeno questo è il punto al quale
voglio arrivare. Chi ha voglia di approfondire può
fare una semplice ricerca con qualche parola chiave a caso,
tipo: K2, Bonatti, Lacedelli, Compagnoni, Desio, Cassin,
e ne scoprirà di belle su questa epica e controversa
pagina della nostra Storia, non solo alpinistica.
Il K2, si sa, è uno degli "ottomila"
più impegnativi. Ci sono voluti 23 anni perché
venisse salito una seconda volta, nel 1977. Ad oggi conta
circa duecento ascensioni, che sono un decimo di quelle
dell'Everest. Arrivare al campo base del K2 è tuttora
una bella sfacchinata, soprattutto se pensate che a quello
dell'Everest, dal versante cinese, si arriva in macchina.
Resta il fatto che anche la seconda montagna del pianeta
è stata ormai salita in solitaria, è stata
scesa in sci, è stata salita ben più di cento
volte senza ossigeno, e bla bla bla.
Dunque: questi sono un po' di dati per inquadrarvi, molto
rapidamente e sommariamente, come funziona la giostra dell'alpinismo
himalayano di oggi. In sintesi, partecipano ormai migliaia
di attori: spedizioni commerciali dove guide - o presunte
tali - accompagnano turisti spesso incoscienti fino in vetta;
spedizioni più o meno nazionali finanziate più
o meno da sponsor e da soldi statali; professionisti e fuoriclasse
che salgono più o meno da soli, in qualunque stagione,
per qualunque via; gente che sale di notte, di corsa, a
testa in giù, che si lancia dalla vetta con il paracadute,
con il deltaplano, con gli sci, con i cartoni dell'Esselunga.
Una specie di Circo Barnum, con effetti collaterali spesso
devastanti in termini di tributo ambientale (sull'Everest
e sul K2 ci sono i depositi di spazzatura più alti
del mondo) e di vite umane, l'unico ticket che viene pagato
con regolarità, tutti gli anni.
Ai campi base di Everest e K2, quando è stagione,
si contano ormai centinaia e centinaia di tende.
E quindi.
E quindi, alla luce di tutto ciò: qualcuno sa spiegarmi
perché diavolo il CAI, il CNR, lo Stato Italiano,
e vorrei sapere chi altro e in che forma, spendono i nostri
soldi per organizzare un'esagerata ed inutile spedizione
faraonica
d'altri tempi, ma dotata di tutta la tecnologia che solo
gli istituti di ricerca sono capaci di mettere in campo,
per spedire un centinaio di persone in Himalaya con l'obiettivo
di salire il K2
per il cinquantenario (e vabbè...), ma anche l'Everest
(che c'entra??), con giornalisti, scienziati, opinionisti,
vallette e quant'altro al seguito?
E, come se non bastasse, perché diavolo quotidiani,
televisioni, riviste, seguono l'avvenimento in un turbine
mediatico come se fosse la prima spedizione dell'uomo su
Marte, dimenticando (o nascondendo al grande pubblico) che
quelle "imprese" che vanno descrivendo imprese
non sono affatto e che, mentre i nostri eroi si divertono
a nostre spese a farsi sei mesi di vacanza in Himalaya,
nello stesso periodo a quegli stessi campi base e su quelle
stesse montagne ci sono altre centinaia di uomini che le
salgono con molti meno mezzi e molto meno chiasso?
Ma che cavolo c'è da pompare a tutto volume le "imprese"
dei nostri eroi, quando nessuno per anni si è filato
di striscio ben altre realizzazioni su quelle medesime montagne?
Ma perché nessun accidente di Media ha sprecato due
parole per tutti quegli alpinisti italiani, alcuni dei quali
dilettanti, che su K2 ed Everest sono saliti in tutti questi
anni, molti dei quali senza utilizzare ossigeno e, soprattutto,
con un centesimo dei mezzi con i quali la nostra spedizione
"ufficiale" del cinquantenario sta facendo tutto
'sto baccano?
Italiani sul K2? Vogliamo parlare di Reinhold Messner, Fausto
de Stefani, Sergio Martini, Hans Kammerlander, Marco Bianchi,
Gianni Calcagno, Soro Dorotei, Tullio Vidoni, Martino Moretti,
Salvatore e Mario Panzeri, Lorenzo Mazzoleni, Christian
Kuntner, Abele Blanc, Marco Comandona, Agostino da Polenza
(che di questa buffonata del cinquantenario è, fra
l'altro, uno degli ideatori), tanto per citare quelli che
mi vengono in mente e che dal 1979 ad oggi ne hanno calcato
la vetta con imprese a volte davvero straordinarie?
Iniziate a supporre che la lista degli italiani sull'Everest
sia anche più lunga?
Ma chiedete un po' a questo
signore come c'è andato lui sull'Everest,
quest'anno. Guardatevi le sue foto, leggetevi il suo
sito. E pensate a quanti altri come lui sono stati
lassù, con soldi e mezzi propri, senza che alcun
Media si prendesse la briga di occuparsene.
Che diavolo c'è, quindi, di così straordinario
da far interrompere le edizioni dei radiogiornali per annunciare
che "l'Italia è tornata sul K2 cinquant'anni
dopo"?
Veramente, cari amici, l'Italia sul K2 c'è tornata
già un bel po' di volte e scrivendo ben altre pagine
che non questa buffonata mediatica che ci stanno vendendo
queste settimane.
Vogliamo solo sussurrare che, di questi tempi, fa bene distrarre
la massa con qualche bella impresa eroica dei nostri valorosi
alpinisti italiani (che, tanto per non smentirsi, riescono
persino a litigare
in questa occasione....!)?
Vogliamo scommettere che al loro ritorno, i nostri eroi,
verranno anche ricevuti dal Presidente della Repubblica
che consegnerà loro una medaglia per la loro valorosa
ed epica impresa, che fa onore a tutti gli italiani e bla
bla bla?
Ma per favore!
N.B.: non me ne vogliano i "nostri ragazzi" lassù.
L'ho scritto senza voler togliere nulla a ciascuno di coloro
che in vetta, comunque, sono saliti questi giorni. Complimenti
ragazzi: anche se non siete dei Messner avete fatto una
gran bella salita. Molto meno straordinaria, però,
di altri che vi hanno preceduto. |
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Adesso possiamo dare l'annuncio quasi ufficialmente. Il
prossimo autunno la EDT
di Torino, nota fra l'altro per curare l'edizione
italiana delle Lonely
Planet, pubblicherà nella collana Le
Orme il nostro libro su Asia Overland 2002. E' uscito
in questi giorni Il
Mappamondo, la rivista della EDT, e "Asia Overland"
compare nelle anteprime.
Il Mappamondo, n° 37
Ed è così che abbiamo scoperto che "Asia
Overland" arriverà nelle librerie al prezzo
di copertina di € 9,50. Ne approfitto per ricordare
a Gianni che durate la nostra permanenza in Kyrgyzstan mi
scrisse sostenendo che se avessimo scritto un libro lui
ne avrebbe vendute almeno duecento copie. Gianni, la nostra
carriera di scrittori è nelle tue mani.
"Asia Overland" è un libro nato quasi
per caso. Durante quei mesi di viaggio scrivemmo a casa
numerose e-mail in risposta a tutti coloro che ci chiedevano
notizie. Io scrivevo ai miei amici, Emanuela scriveva ai
suoi. Quasi ogni sera cercavamo un Internet Café
dove trascorrere un paio d'ore ad aggiornare il nostro diario
da inviare agli amici. Qualcuno riceveva entrambe le lettere
e, come ci ha raccontato in seguito, trovava interessante
leggere lo stesso viaggio visto attraverso occhi diversi.
Dopo i primi mesi scoprimmo che le nostre lettere venivano
stampate e distribuite, o inoltrate ancora via Internet,
ad altri amici, ed ancora agli amici degli amici, e così
via.
Si era creato un vero e proprio clima di attesa della puntata
successiva che aveva coinvolto anche noi, spesso impegnati
a rispondere alle decine di e-mail che ciascuna lettera
generava a propria volta.
Domande, curiosità, polemiche. Ci arrivava di tutto
e trascorrevamo sempre più tempo davanti al computer,
una situazione quasi paradossale.
Ad un certo punto ci rendemmo conto che le nostre lettere
raggiungevano ad occhio ormai più di cinquecento
persone e molte di esse ci scrivevano a loro volta, accompagnandoci
nel nostro viaggio. C'è stato anche chi si è
arrabbiato con noi, o chi è stato molto critico.
Il fatto è che scrivere, spesso di fretta, nel momento
stesso in cui le esperienze si vivono, è molto diverso
dallo scrivere a freddo, qualche mese dopo, avendo avuto
il tempo di consolidare ciò che si è visto
e vissuto, e di collocare eventi, incontri e situazioni
rispetto ad una scala emotiva più razionale e meno
istintiva.
Le emozioni che vivevamo, il bombardamento continuo di novità,
esperienze, differenze culturali e difficoltà al
quale eravamo incessantemente sottoposti, non erano facilmente
controllabili. Ben presto ci accorgemmo di quanto il nostro
viaggio non fosse affatto come una vacanza estiva dilatata
nel tempo e che muoversi in autonomia, senza filtri intermedi,
verso tutti gli eventi quotidiani ed i problemi che dovevamo
affrontare, costava fatica, pazienza e molta più
capacità di capire, interpretare e disponibilità
ad imparare di quanto, forse, non avessimo davvero preventivato.
Qualcuno, al nostro ritorno, osservò che di tutto
ciò ce ne sarebbe stato di che scrivere un libro,
suggerendoci di iniziare proprio raccogliendo le nostre
lettere. Così abbiamo fatto, aggiungendo qualche
e-mail inviataci dagli amici e qualche altra decisamente
polemica nei nostri confronti. Abbiamo avuto fortuna: EDT
ci ha creduto e si è offerta di pubblicare il nostro
lavoro.
Forse un giorno torneremo davanti allo schermo di un computer
e scriveremo un libro vero per raccontare quella che è
stata la più straordinaria avventura della nostra
vita. Ma sarà una storia diversa, perché diverso
sarà il modo nel quale verrà concepita: a
posteriori.
Questa storia, invece, nasceva nel momento in cui la scrivevamo. |
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Iniziano i grandi lavori. Abbiamo finalmente introdotto
la sezione dedicata ai videoclip,
il cui menù è quasi tutto work in progress,
ma intanto il più è fatto: le modifiche ad
Orizzontintorno per gestire la nuova sezione sono tutte
predisposte. Una faticaccia.
All'interno del menù provvisorio trovate già
in anteprima i prossimi videoclip in arrivo. Per il momento,
oltre al corto realizzato alle Seychelles
che avevamo già inserito all'interno di questo Giornale
di Bordo, abbiamo caricato una sequenza originale girata
in Mongolia durante Asia
Overland 2002. Si tratta di un draft short
cut, preso così com'è, senza alcun intervento
di montaggio, giusto per dare un assaggio del materiale
sul quale stiamo lavorando per realizzare il lungometraggio
sulla nostra avventura di due anni fa. Contiamo presto di
inserire altri spezzoni come questo.
L'introduzione dei videoclip viene anche ripresa nell'indice
generale dei Paesi
Visitati e va affiancarsi al materiale disponibile
per ciascun paese nel quale siamo stati.
Ne abbiamo approfittato anche per inserire nel menù
principale il collegamento a questo giornale di bordo, che
è ancora in forma provvisoria. Ora è accessibile
da tutte le pagine del sito e la navigazione è più
coerente.
L'apertura ai commenti è ancora in lavorazione. Ci
siamo persi per strada Roberto, che si sta occupando delle
modifiche necessarie, ma che essendo anche alle prese con
il suo prossimo matrimonio temiamo abbia ben altro per la
testa...! Può essere comunque che prima della fine
dell'estate si riesca davvero a trasformare questo spazio
in un blog vero e proprio.
Il fatto è che meno tempo abbiamo per lavorare ad
Orizzontintorno e più si allunga la lista delle idee
che vogliamo introdurre.
Appena ho un attimo in più, in arrivo anche qualche
nuova foto scattata durante il soggiorno in Alto Adige. |
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Le Odle sono straordinarie. Qualche fotografia rubata con
la piccola Nikon digitale sta per arrivare. Ma ci vorrà
al solito qualche giorno. Perché, tanto per cambiare,
anche il nuovo hard disk si è schiantato dopo un
solo mese di vita. Ed eccomi qui, di nuovo, ad aggiornare
Orizzontintorno con mezzi di fortuna.
Nel frattempo, le mie giornate in Alto Adige sono finite,
Leonardo ed Emanuela sono rimasti lassù davanti al
Latemar, io annego nell'aria liquida di Milano.
Nonostante da qualche settimana a questa parte la tecnologia
ci si stia rivoltando contro, può essere che riesca
a finire questo breve aggiornamento senza ulteriori crash.
Ma non ci conto.
E pensare che mi sarebbe piaciuto portarvi qua dentro le
Dolomiti quasi in diretta. Missione fallita.
Alla prossima? |
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