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E' uscita anche in Italia la nuova edizione della Lonely
Planet dedicata all'Asia Centrale. E' la prima alla
quale abbiamo collaborato anche noi, con gli aggiornamenti,
inviati durante Asia
Overland 2002.
Oltre
a questa, dovremmo essere presenti anche nelle prossime
edizioni di Mongolia, Iran, Cina e Tibet.
Rispetto a quella che utilizzammo noi, pubblicata nel 2000,
questa nuova edizione è (ovviamente, o purtroppo?)
molto più approfondita, dettagliata e, a parte i
contenuti che noi stessi abbiamo contribuito ad aggiornare,
riporta molte delle "nostre scoperte": luoghi
incantevoli che cinque anni fa praticamente non esistevano
e che abbiamo avuto la fortuna di vivere in totale solitudine;
regole non scritte che abbiamo sudato sulla nostra pelle
e imparato ad affrontare giorno per giorno; personaggi,
eventi, mercati, mezzi di spostamento che abbiamo annotato
fra le pagine dei nostri diari, illudendoci in qualche modo
di custodirli gelosamente fra i nostri segreti.
Al di là dell'aspetto inevitabilmente nostalgico
della faccenda, questo nuovo volume è ahimé
fatto bene. Con buona pace di coloro che sostengono che
le LP siano ormai al tramonto, o che esistano guide assai
migliori. Il fatto è che dipende da dove vai
e da come ci vai. E, naturalmente, da quale sistema
di riferimento decidi di utilizzare.
D'altra parte, molto probabilmente tutto ciò che
è stato scritto dovrà presto essere nuovamente
aggiornato.
Comunque: il fatto qui interessante è che l'edizione
che vedete riprodotta è quella tradotta in italiano
dalla EDT.
Come dire: ancor prima di uscire
dalla porta principale, eravamo già rientrati
dalla finestra.
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Metti un venerdì, feriale. Metti che sull'Europa
intera stazioni la più vasta area di alta pressione
che la tua memoria ricordi. Metti che sia una settimana
che stai tenendo d'occhio le previsioni, hai fatto un piano
e ti sei già messo d'accordo con Francesco e Bruno,
e tutti e tre avete segnato un bel venerdì di ferie.
E così, metti che venerdì mattina, quando
è ancora buio, mentre tutti stanno ancora dormendo
e le strade non sono ancora intasate dalla gente che più
tardi andrà al lavoro, metti che alle cinque e mezza
sei già in macchina, passi a prendere gli altri due
disadattati e alle otto e trenta siate già oltre
frontiera, al di là del tunnel del Monte Bianco.
Metti che alle nove e trenta siate già a Chamonix
da mezz'ora, pronti alla partenza della funivia dell'Aiguille
du Midi, e la giornata sia spettacolare, anzi, sia quasi
da piangere dall'incredulità.
Eh sì, metti un po' insieme tutto questo, e mettici
di mezzo il Monte Bianco e la Vallée Blanche.
Sai che viene fuori? Questo.
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Carlo all'Aiguille
du Midi: si parte a quota 3.800 m...
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Bruno, ghiacciaio
della Vallée Blanche
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Aiguille Verte
e Les Droites dall'Aiguille du Midi
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Non è finita qui...
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Nota: sto cercando di scrivere questo post da tre giorni
e non sono mai soddisfatto. Beh, così è. Non
lo cambio più.
Sono passati ormai un po' di anni da quando il Monte Rosa
era il mio terreno preferito per improvvisate salite solitarie.
Nell'estate del '94, rimasto per vari motivi senza compagni
di cordata, quasi ogni sabato mattina partivo da solo, salivo
al Rifugio Gniffetti, dove mi fermavo per la notte, e proseguivo
la domenica per qualche quattromila
lì attorno.
Mi è capitato anche di dormire alla Capanna
Margherita e di fotografare
da lassù un'alba stupenda alle 4.30, dopo aver trascorso
la mia prima notte oltre i quattromila metri. Mi ricordo
ancora seduto sulla vetta di Punta Gniffetti, di primo mattino,
nelle mani la mia tazza di té fumante, un po' di
mal di testa a causa della quota. Mille metri più
basso una di fila di minuscoli puntini che, partiti qualche
ora prima ancora col buio, salgono in cordata verso il Colle
del Lys. Entro un paio d'ore mi raggiungeranno quassù:
è tempo dunque di indossare gli sci ed iniziare i
miei duemila metri di discesa...
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Il panorama
dalla vetta di Punta Gniffetti
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Punta Gniffetti,
sul Monte Rosa
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Autoscatto
in vetta a Punta Gniffetti
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E quella volta con Bruno allo Schwarzhorn:
arrivammo ad Alagna il sabato pomeriggio, troppo tardi: la
funivia per Punta Indren già chiusa. Non potevamo andare
a dormire in alto ed io non avevo alcuna voglia di papparmi
il giorno dopo la salita integrale in un colpo solo. Ma Bruno
fu irremovibile e di tornare a Milano non ne volle sapere.
Temo fosse perché ero stato io a trascinarlo fino a
lì quel pomeriggio, benché lui non ne avesse
la minima intenzione.
Trovammo da dormire in una vecchia roulotte parcheggiata al
campeggio di Alagna. Ricordo un freddo assurdo - ed era luglio.
La mattina successiva eravamo sulla prima funivia e all'ora
di pranzo stavamo già scendendo in sci dalla vetta
dopo una salita stupenda, con lo Schwarzhorn tutto per noi.
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Bruno Barolo
in vetta allo Schwarzhorn
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E ancora: la mia epica solitaria alla Parrot,
un mese dopo. E' un sabato di metà agosto: sono a casa
da solo, mi alzo intontito dal caldo alle quattro del mattino...
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Perché ogni volta che vengo quassù è
sempre un ritorno a casa. Non so quante volte sono salito
sul Grignone, comunque è stata la prima volta in
inverno.
Stasera sono felice. Come ogni volta, dopo giornate così.
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La Grigna
Meridionale fotografata salendo al Grignone
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Il titolare
qui
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Per provarci, ci ho provato. Ma dopo un'ora chiuso in auto
avevo fatto meno di tre chilometri. Al telefono, ascoltavo
il bollettino di Emanuela, partita un'ora prima di me con
la mia auto e con le gomme termiche. Era bloccata una decina
di chilometri più a sud.
E allora, sai che c'è? Ho girato, me ne sono tornato
a casa e ho trascorso questa bellissima giornata di neve
- come da queste parti non se ne vedeva da un bel po' -
chiuso nello studio ricavato nella nostra mansarda, a lavorare
quassù sul tetto, circondato da una nuvola di fiocchi
bianchi.
Fra una telefonata e l'altra ho anche fermato qualche immagine
della neve che sta ricoprendo la nostra terrazza. Sempre
in attesa che, prima o poi, arrivi una bella giornata di
vento invernale per fare una panoramica a centoottanta gradi
dal Rosa all'Adamello.
La Nikon è qui pronta...
Ah... Eh sì, abbiamo anche gli abeti qua sul tetto...
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