|
|
|
Sta tornando. Dopo dodici anni.
Se siete in Europa, l'appuntamento è per il 6 marzo.
Se vi trovate negli States, il vostro giorno è il
7. Per inciso, i biglietti per il 24
e 25 marzo all'Arcimboldi sono introvabili da mesi. Per meglio dire: tutte le date europee sono andate sold out in poche ore.
Scordatevi qualunque anteprima sulle reti P2P: le sto battendo
da settimane. Tutto quello che si può trovare ed
ascoltare ad oggi è qui,
se avete Windows Media Payer, o qui,
se avete Real Player.
Ed è da brividi, ovviamente.
Bentornato fra noi, David. |
|
|
|
|
|
|
|
|
E' quando ti svegli nel buio della notte, e mi chiami. Mi alzo e a volte mi sembra quasi di morire, ma vengo lì da te. E tu mi abbracci, forte. E io mi commuovo.
E' quando mi prendi per mano e mi dici vieni, e tiri forte, e non c'è ragione al mondo per te, quasi mi trascini, poi indichi per terra e mi ordini giù!, di fianco a te, perché vuoi che ti aiuti. E io mi commuovo.
E' quando vieni al mattino a vedere se sono sveglio, ti avvicini piano e io ti allungo una mano. Tu la prendi, e appoggi la testa accanto a me. E io mi commuovo.
E' quando vediamo i cartoni animati insieme, e tu sistemi il tuo cuscino sul divano, ti sdrai accanto a me e giochi con le mie dita. Nulla al mondo potrebbe distrarti, posso anche parlarti ma tu non rispondi, perché sai che sono lì con te, e questo ti basta. E io mi commuovo.
E' quando hai aperto gli occhi per la prima volta, e io ero lì a tenerti in braccio. Sono stato la prima persona che hai visto al mondo, mi guardavi spaventato e io volevo tranquillizzarti, e non sapevo che fare, ti tenevo stretto a me e ti dicevo solo ciao, io sono il tuo papà. E mi veniva da piangere. E ogni volta che ci penso, io mi commuovo.
E' quando mi spieghi le cose, quando mi chiedi cosa sono le cose, quando mi racconti cosa pensi, quando ti lamenti perché non ti ascolto, quando litighiamo e io mi arrabbio con te, ed ogni volta, poi, facciamo pace. E io mi commuovo.
E' quando piangi, quando ridi, quando pensi, quando chiacchieri, quando corri, quando dondoli, quando ti nascondi, quando mi fai gli scherzi. E' quando scopri le cose, quando impari, quando ti fai male e vuoi un bacino, quando sei inconsolabile, quando hai sonno, quando fai i capricci. E io mi commuovo.
E' quando camminiamo per strada insieme. E tu mi tieni la mano, perso nei tuoi pensieri. Ma sei attento a non perderla.
E' per te, ogni cosa che accade, ogni strada che prendo. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Va bene, avevo detto qualche giorno. Tutto sommato
sono passati solo dieci mesi. Adesso però ho finalmente
caricato le fotografie scattate lo scorso anno in
Oberland, come peraltro già segnalato fra
le novità del sito. Sono anche (in parte) le ultime
diapositive ad entrare nell'archivio di Orizzontintorno:
da lì in poi, tutto ciò che trovate fra queste
pagine è stato ripreso in digitale.
Riguardando quelle immagini, avevo quasi voglia di lasciarmi
trascinare nuovamente dal tediarvi per qualche migliaio
di battute con il mio Eiger, ma capisco che raccontarvi
di come io possa stare un'ora intera a fissare la cresta
del Mittelegi che si perde fra le nuvole possa anche sembrarvi
perlomeno autistico. Allora, invece di spiegarvelo, questa
volta vi faccio un regalo: qui,
qui
e qui.
Sì, più mi avvicino e più anche a me
fa paura. Ed è proprio lì la magia.
Camminare su quel filo sospeso nell'aria, in bilico sulle
proprie emozioni, trattenendo il respiro ed allo stesso
tempo rubando ogni molecola d'aria sottile, guardando solo
al passo immediatamente successivo. Non alla cima, ché
è sempre troppo lontana, né alle proprie spalle,
che ci sarà tempo, dopo, per riscaldarsi al rifugio
con una tazza di tè, a ripensare ai propri passi.
Se impari a camminare sul filo, poi, quell'emozione te la
porti dentro per sempre e non ti abbandona più. Per
quante volte tu possa ritornare a valle a ritrovare il tuo
cammino in pianura. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Quarta Lonely Planet in circolazione alla quale abbiamo
collaborato e che ci vede citati nei titoli di coda. Dopo
Asia
Centrale, Iran
e Tibet,
mettiamo in curriculum anche il Nepal. Ora, qualcuno si
potrebbe anche chiedere cosa ce n'è venuto in tasca.
Facile. Una (sola) guida Lonely Planet omaggio.
Così, per dire... caso mai ci fosse fra voi qualche
mecenate...
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Impiego tempo a ritrovare il mio passo e ciò che
è certo è che ce ne vorrà molto altro
ed altro ancora. Ma da qualche parte si deve ricominciare,
sempre.
Così salgo, di nuovo, dopo quasi un anno. Faccio
fatica, molta. Devo rimettere in circolazione il sangue,
sentirlo scorrere dentro di me, sentire i polmoni che all'inizio
si contraggono e fanno fatica, i muscoli - durissimi - sciogliersi
a poco a poco. Devo imparare di nuovo a riconoscere il rumore
della neve sotto i ramponi e ricordarmi i miei passi, il
mio ritmo, il mio respiro che parte affannoso, ma che dopo
un po' torna regolare, come sa essere e come io conosco,
via via che l'aria si fa più sottile.
Salgo, un passo alla volta. Non è una gran salita,
anzi. E' quasi un gioco per principianti, ma in questo momento
è come se lo fossi di nuovo, un principiante. Salgo
e la mia testa, poco a poco, si svuota. Dimentica la salita,
dimentica la fatica, dimentica ciò che lascio a valle
e si concentra solo sulla neve: bella, compatta, farinosa.
Il mio elemento.
Non affondo. Salgo regolare, lascio il bosco alle spalle
ed il suo silenzio infinito, e taglio i pendii in alto,
seguendo la traccia davanti a me. Roberto e Giorgio sono
avanti, li lascio andare. Per un po' li seguo con lo sguardo,
poi torno a me stesso. Non ho fretta. Voglio solo ritrovare
il mio passo. Voglio solo ritrovare il mio respiro, uscire
dall'apnea. Voglio ritrovarmi dentro. Voglio tornare a conoscermi.
Voglio ricominciare dall'inizio.
Sosta. Un poco. Fa freddo. Respiro a fondo, mi guardo intorno,
mi appoggio sui bastoncini. Bevo un po'. Do un'occhiata
all'altimetro. Poi, riprendo.
L'orizzonte si allarga sempre più attorno a me. E'
una bella giornata, la neve scintilla. Vedo, in alto, la
croce sulla cima, controsole. Ancora qualche centinaio di
metri. Ora so che arriverò su.
|
|
Sulla cima
del Resegone
|
|
Il panorama
su Lecco e sulla Pianura Padana dal Resegone
|
|
Le Grigne
dalla vetta del Resegone
|
|
Sulla cima
del Resegone, guardando verso il Bernina
|
|
L'elisoccorso
in azione. A qualcuno non è andata bene...
|
|
Roberto Solari
e Giorgio Galli in vetta al Resegone
|
|
Sono io,
ora.
|
Sì, non è una gran cosa, affatto. Lo so. Ma
è un punto di ripartenza. Il mio.
"Io sono come un moto perpetuo che possiede un suo ritmo,
che lo deve trovare in se stesso, di giorno, di notte, dall'alba
al tramonto, e poi di nuovo di notte. Sono venuto non so da
dove, né so dove andrò, anche se l'aspetto cambia.
Il luogo e la via per arrivarvi passa per 'plebe', il nodo
senza fine" |
|
|
|
|
|
|
|
|
Leonardo
- no, non quel tipetto che compare qualche post
qua sotto, vestito di rosso, e che mi tira giù
dal letto tutte le mattine all'alba - dice
la sua sull'ormai intricatissima vicenda delle vignette
danesi. E, come al solito, la dice da applausi. Non assomiglia
affatto a quello
che ne ho detto io, anzi, ma dimostra una volta
di più che il confine fra differenti opinioni degne
di uguale cittadinanza è davvero sottile e sempre
in discussione.
Basterebbe che tutti fossero all'altezza di discuterne sempre
così. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Per una volta, d’istinto, mi sono levato anche io il cappello
dopo aver letto il post
del Neri. Avevo già letto quello
precedente di Lia e, pur apprezzandola da tempo,
in questo caso il suo ragionamento mi aveva lasciato con
qualche perplessità.
Il commento
di Blu mi è poi sembrato equilibrato e tutto sommato
mi sono rimesso il cappello in testa, pur continuando sostanzialmente
a condividere il ragionamento del Neri. E infine, sempre
nei commenti e subito dopo quello di Blu, mi sono letto
la replica
di Lia.
Il dibattito è ad un livello decisamente molto più interessante
ed elevato di tante sciocchezze che ho letto e sentito in
giro sul tema delle vignette danesi, ma qualcosa continua
a stonare nella mia testa.
Il fatto è che a me, credente, a ben vedere il titolo del
post del Neri dà fastidio. Già però esagererei dicendo che
mi irrita. Il Neri è in casa sua, l‚Äôopinione è sua ed è
legittima indipendentemente dal fatto che il suo non credere
urti palesemente il mio credere.
Io non mi sento offeso dal suo titolo, né mi sento indignato.
Al massimo ritengo - e mi ricollego al commento di Blu -
che manchi di rispetto alle mie convinzioni.
Bene: diciamo che allora magari, per ripicca, non lo leggo
per una settimana. Oppure non lo leggo più, va‚Äô. Magari
se lo incontro per strada gli tengo anche un po’ il muso
o mi giro dall’altra parte. Forse potrei arrivare a fargli
una pernacchia e a scrivere su Orizzontintorno che Neri
partecipa alle messe sataniche.
Certo non mi metto a spammargli il blog per vendetta. Né
gli brucio l‚Äôauto, per dire. Né gli sfondo la mailbox con
lettere di minacce, né gli faccio recapitare a casa in omaggio
un Vaio* imbottito di esplosivo.
Sono assolutamente d’accordo sul fatto che la comunicazione
interculturale richieda una soglia di attenzione assai elevata,
come sostiene Lia nel suo post. Ma il punto è che l‚Äôumanità
intera dovrebbe confrontarsi utilizzando una metrica che
perlomeno non preveda una reazione violenta ad un’offesa
non violenta, ancorché magari palesemente stupida (e se
ne può discutere). Non c‚Äôentra un tubo il rispetto della
sensibilità del mondo islamico al tema religioso con i pacchi
bomba alla redazione del giornale, le ambasciate bruciate,
le folle in piazza. Nessuno, da queste parti, mi sembra
abbia in mente di andare a prendere a sassate l’ambasciata
iraniana o si metterebbe a danzare sulle ceneri della bandiera
saudita se un giornale di Ryadh pubblicasse una vignetta
del Papa nudo. E dubito che il Vaticano, peraltro, aizzerebbe
le guardie svizzere contro gli immigrati.
Eccheccazzo, non può sempre essere tutto relativo sotto
al titolo di “Intercultura”.
[commento lasciato su Macchianera
al post
di Gianluca Neri - sotto al mio commento trovate
anche la replica di Lia]
Nota: sul tema trovate spunti molto interessanti anche in
alcuni post di Luca Sofri sul suo Wittgenstein
(ad esempio, qui,
qui,
qui
e qui)
e su Freddie
Nietzsche di Matteo Bordone, che commenta
così
e così.
Update del 6/2/05: avevo rimesso ulteriormente
in discussione la mia posizione dopo aver letto altri commenti
interessanti in risposta al mio. Poi, questa mattina, mi
sono di nuovo levato il cappello grazie a Babsi
Jones. Appunto: relativismo interculturale 'sta
cippa...
*Il Sony Vaio è uno dei
giocattolini preferiti del papà di Macchianera. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Ci sono giorni in cui all'improvviso, senza ragione apparente,
mi guardo allo specchio e mi chiedo chi sono. Vorrei uscire
fuori da me stesso per osservarmi, vedere quello che gli
altri vedono, imparare cose di me che ancora non so. Ci
sono giorni che non riesco a trasmettere cose e non c'è
verso, per quanto mi sforzi è come se comunicassi
in Braille.
A volte è come essere un pipistrello impazzito dentro
ad una stanza buia che sbatte contro i muri: devo averlo
detto altre volte e ricordo a chi rubai l'espressione.
Ci sono giorni in cui l'unica cura sarebbe aria sottile.
Perché è di quello che ho bisogno. E comunque
io lo so chi sono. Deve essere per questa ragione che, fra
le poche fotografie che ho di me stesso, amo questa in particolare.
Perché io sono esattamente così.
Io lo so quando cambia la luce nei miei occhi. Quando l'orizzonte
si alza verso il cielo e i miei occhi possono seguirlo. Da
lassù ogni cosa mi appare diversa. |
|
|
|
|
|
|
|