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Così stamattina eravamo a Treviso. Abbiamo poi pranzato
a Verona, dove nel pomeriggio abbiamo partecipato a Zaino
Zingaro. La cena l'abbiamo rimediata in un bel ristorantino
a Bergamo alta, giusto per evitare il classico tappo serale
della domenica in A4 direzione Milano. Ed infine eccoci
a casa.
Insomma, piccolo tour nel nord Italia.
A Zaino Zingaro, peraltro, non sarebbe nemmeno andata male.
Anzi, considerato che eravamo gli ultimi in tabellone e
che la temperatura in sala proiezione era equivalente a
quella di Phnom Pehn ad agosto, l'applauso lo meriterebbe
l'eroico pubblico che si è fermato apposta per seguire
la nostra conferenza. Un pubblico anche piuttosto partecipe
e che, dopo la proiezione, ha quasi subito rotto il ghiaccio
(ecco, magari proprio ghiaccio non era...) con le domande.
Peccato. Peccato, intendo, essere stati cacciati un po'
bruscamente dall'organizzazione, che aveva evidentemente
fretta di chiudere i battenti ed andarsene a casa. Peccato
che il capobanda ci abbia quasi strappato il microfono di
mano dopo cinque minuti di domande (già dopo venti
minuti di proiezione mi aveva chiesto quanto mancasse alla
fine: ora, se da programma ci era stato assegnato uno slot
di un'ora, quanto pensava che durasse la nostra conferenza?)
per annunciare al pubblico che lui era stanco e voleva andar
via e perciò ciao a tutti e arrivederci all'anno
prossimo. Peccato che gli sia pure squillato il cellulare
durante la nostra proiezione, e che abbia iniziato a smontare
il palco mentre ancora andava il filmato, e che passasse
in continuazione fra la gente, e - non ultimo - che per
far prima avesse anticipato la scaletta del poveretto prima
di noi, cosicché buona parte degli spettatori che
erano interessati alla conferenza Sud Sudan sono arrivati
a proiezione già iniziata.
In altre parole, peccato che manifestazioni di questo tipo,
che vivono grazie agli sforzi di gente come noi che si sbatte
- gratis - per macinare qualche centinaio di chilometri
a botta per un'ora tirata di presenza, dovrebbero essere
pensate proprio per coinvolgere la gente, renderla partecipe,
e non solo per vendere collanine e tappetini, o per raccogliere
un po' di fondi con il commercio equo e solidale. E quindi,
per dire, magari non farebbe male un pochetto di rispetto
per il pubblico che è lì proprio per ascoltare
i quattro bischeri in programma e vedersi due foto, e non
per comprare collanine.
Che a me magari non frega anche nulla - io Asia Overland
l'ho fatto e l'ho proiettato cento volte, può essere
che ne abbia pure la nausea, figuriamoci poi in una sala
rovente ed umida - ma ecco, al signore al quale è
stata stroncata la domanda a metà magari invece fregava
eccome, e così a tutte le persone che sono quindi
venute a farcele di persona, le domande. Diciamo che erano
lì per quello? E che magari le risposte interessavano
a tutti?
Ma non è nemmeno questo. E' che qualcuno dovrebbe
spiegarmi perché se voglio bere equo e solidale devo
bere un distillato di canna da zucchero brasiliana e yerba
de mate e non, ad esempio, una banalissima aranciata. Com'è
che le arance non sono eque e solidali e la canna da zucchero
sì?
Sta di fatto che sono capaci tutti di vedere la Sfinge a
Il Cairo. Ma per vederla a Verona, ci devi proprio capitare.
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L'Arena di
Verona
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A zonzo per
Verona
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Oh, Romeo,
Romeo, perché sei tu Romeo?
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No comment...
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Eh sì, amici miei. Ci sono occasioni e viaggi che valgono
per una sola foto. Soprattutto quando l'amore trionfa e tutti
vissero felici e contenti. Ah, Verona, città degli
amanti e dell'amore... Romeo, Romeo, perché sei
tu Romeo?
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Sotto al balcone
di Giulietta
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Oggi saremo ospiti della manifestazione
Zaino
Zingaro che si terrà a Verona presso Villa
Buri, organizzata da Legambiente, Associazione Planet
Viaggiatori Responsabili, Associazione Italiana Turismo
Responsabile e Federazione del Volontariato.
Come da programma, alle 17:45 presenteremo in conferenza
il nostro audiovisivo Asia Overland 2002, già proiettato
lo scorso anno ad Immagimondo.
Vi aspettiamo, accorrete numerosi!
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L'equipaggio di Orizzontintorno è rassegnato a
preparare nuovamente
la valigia e osserva che, come al solito, i nostri
Media pallonari hanno irrimediabilmente ignorato questa
irrilevante notizia per settimane, perlomeno fino
ai tg di ieri sera. Per dire, il TG5 l'ha passata quasi
in chiusura, al termine della consueta carrellata di gossip
e sbobinamenti delle telefonate di Moggi...
E stiamo parlando di un nuovo Stato davanti alle porte di
casa nostra. Complimenti di rito ai nostri "mezzi di informazione".
(*) Citazione per solutori pių
che abili... |
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Sono passati quasi due mesi ed arrivo qui un po' in ritardo
rispetto alla notizia. Mi aveva scritto anche Massimo per
chiedermi di buttar gių due righe su Orizzontintorno,
ma francamente non sapevo che dire in proposito e rimandai.
Fra l'altro, il caso voleva che Emanuela mi avesse regalato
"In volo sopra il mondo" a Natale e che
proprio in quei giorni avessi iniziato a sfogliarlo, senza
peraltro troppa convinzione a dire il vero, ché io
con il volo libero non ho mai avuto nulla a che fare, né
mi ha mai interessato pių di tanto.
Così, quando le agenzie rilanciarono la notizia
della scomparsa di Angelo
d'Arrigo, per qualche istante lipperlì pensai
qualcosa del tipo io questo l'ho già sentito,
per rendermi conto subito dopo che in effetti era proprio
l'autore del libro che avevo per le mani. Non un granché
come coincidenza, e vabbè.
Pių o meno una settimana fa, approfittando di una
serata vuota senza alcuna voglia di aggiornare Orizzontintorno,
né di andare avanti con il mio nuovo veliero di legno,
né di trasportare su dvd i nostri film ancora in
formato mini-dv, o di mettere a posto foto, o di svaccarmi
sul divano a catatonizzarmi davanti a qualcuno dei miei
programmi trash preferiti - il che, a margine e considerato
il mio telepalato capace di essere del tutto onnivoro, significa
anche che ormai i canali tradizionali per noi poveri comuni
mortali né Sky, né-digitalterrestredotati
hanno davvero toccato il fondo - insomma, in una serata
a casa da solo di noia mortale, ho estratto nuovamente "In
volo sopra il mondo" dalla pila dei miei libri
irrisolti e mi sono spiaccicato in poltrona.
Ed è così che ho scoperto il mio nuovo eroe.
Ora, io non starò qui a raccontarvi di un libro che
ho divorato in un paio di colazioni, né tanto meno
a scrivere l'ennesimo epitaffio, sia perché non ne
sono capace, sia perché non ne avverto alcuna necessità,
sia perché tutto sommato la verità è
che io di d'Arrigo non so nulla ancora oggi e l'ho scoperto
solo in quest'ultima settimana.
Però una cosa la dico: mi sono commosso a leggere
il suo libro, il racconto di una incredibile vita trascorsa
in volo ad addestrare gli uccelli a volare lungo le grandi
rotte migratorie. Un volo infinito che lo ha portato sì
fin sopra all'Everest, ma ancor prima attraverso deserti,
mari e territori sconfinati (e, tanto per gradire, anche
nelle galere libiche...).
Intendiamoci subito: d'Arrigo non è affatto il solito
campione sportivo dell'estremo e io di libri del genere
ne ho la biblioteca zeppa - da Messner a Moitessier passando
per Krakauer, per dire. Non è quindi che mi faccia
impressionare particolarmente dal primo rompicollo che prende
in mano la penna.
Ci sono libri di avventura, però, che esulano e vanno
al di là del semplice racconto per addetti ai lavori
e ci sono esseri umani fuori del comune che hanno la capacità
di saperti trasportare in una dimensione a te anche totalmente
aliena.
Così, c'è K2 nodo infinito di Kurt Diemberger,
e c'è Capo Horn alla vela di Moitessier, e
c'è Touching the void di Joe Simpson, e c'è
342 ore sulle Grandes Jorasses di Desmaison, e Nanga
Parbat in solitaria, ed Orizzonti di Ghiaccio
di Messner, ed Aria sottile di John Krakauer. C'è
che se non li avete mai letti, dovreste. Perché ciascuno
di essi vi prende per mano dalle prime righe e non vi manda
pių a letto finché non avete girato l'ultima
pagina. Perché sono innanzitutto libri di viaggio
e storie di uomini (uomini?), non di imprese sportive.
Perché sono racconti di sogni (e talvolta di incubi,
ma mai dell'orrore) di persone capaci di sognare
oltre, e di inseguire davvero i propri sogni.
Non mi mancava un libro d'aria. Mi mancava di leggere di
sogni d'aria. Di libri di terra e di acqua ne ho anche troppi,
ma quelli a cui tengo sono libri capaci di farti sognare
di terra e di acqua. Adesso la mia biblioteca personale
è un po' pių completa (esistono libri di sogni
di fuoco?) e sono contento, sì, di aver letto
di quest'uomo.
Mi ha portato in aria sulle sue ali e con le sue aquile.
A me, che ho il terrore di volare. |
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Il titolare qui si associa a quelli
che è il Purgatorio.
E comunque, fino all'episodio 23 stagione 1 ho fatto il
bravo e sono stato al passo con la tv. Ma poi lunedì
sera non ho resistito ed Exodus part 2 - The season end
me la sono vista con una settimana di anticipo grazie alla
versione scaricata dal web.
Ora, non vi crederete davvero che io possa aspettare un
anno per sapere cos'accidenti hanno trovato nella botola
e che fine abbia fatto il ragazzino paranormale (né
ho la minima intenzione di fare l'abbonamento a Sky).
Perciò non fate i furbi: tiratemi fuori i file della
stagione 2 (in italiano, possibilmente), ché a) il mio e-Mule
fra un po' fonde e b) non sopporto pių le nuove generazioni hi-tech che grazie al web sono già avanti dieci stagioni su tutti i serial tv mentre tu stai ancora ad armeggiare con il tuo triste tubo catodico giurassico, ché nemmeno un plasmino ultrapiatto da centodue pollici c'hai...
Nota: cito
e condivido. "Se sei una comparsa, mai avventurarsi
nella foresta assieme ad un protagonista della serie, altrimenti
sono cazzi". |
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Leggo che oggi ad El
Chalten ci sono alberghi e strade, agenzie turistiche,
campeggi organizzati e negozi di souvenir. Io riuscii ad
arrivare - e riuscire è il verbo giusto -
ad El Chalten nell'agosto del '90, in pieno inverno australe.
Ci vollero quattro buone ore di faticosa strada sterrata
da El Calafate, e va bene che non c'era neve ed avevano
appena costruito il ponte sul Rio Fitz Roy, così
che da un anno non era più necessario guadarlo con
i cavalli.
Lo stavano costruendo El Chalten, nell'agosto del
'90. C'erano dodici case di legno, tutte uguali, alcune
ancora da terminare. In una viveva Pavarotti.
Io dormivo nella mia tenda, che avevo montato vicino agli
alberi dove Pavarotti legava i cavalli. Il Fitz Roy si innalzava
proprio sopra di me ed all'alba si tingeva di rosso fuoco.
Nella tenda, di notte il freddo condensava sul telo interno
in una patina di ghiaccio. Al mattino dovevo asciugare tutto,
ma con gli scarponi non c'era nulla da fare: umidi e gelidi.
I miei soci spagnoli dormivano nel rifugio di latta, ma
lì dentro faceva un frio que te matava. Almeno
io avevo il mio sacco piuma integrale.
Sento dire che a Shigatse
stanno costruendo grattacieli. Avevamo già alle spalle
parecchie centinaia di chilometri di sterrato lungo la Friendship
Highway, quel pomeriggio di luglio del 2002, quando entrammo
finalmente in paese. Ci sorprendemmo a percorrere l'ultimo
chilometro di strada su un viale asfaltato a quattro corsie,
nuovo di zecca. E poi i soliti nuovi quartieri cinesi, come
già avevamo visto a Lhasa qualche giorno prima. Anonimi,
orribili. Un pessimo mònito ed un triste benvenuto
nella seconda città del Tibet, a quasi quattromila
metri di quota e ad un paio di giorni dal campo base dell'Everest.
Ci rimanemmo male.
Ricordo che a Shigatse il cellulare funzionava perfettamente
e avevo trovato anche un paio di nuovissimi Internet cafè.
Andai dal barbiere dell'albergo a tagliarmi i capelli. L'evento
attirò molti spettatori. Non ne capitavano ancora
molti di occidentali in viaggio da soli, certo nessuno che
si fermasse a farsi tagliare i capelli. Fu divertente e
mi riconciliò con il luogo.
Poi ci perdemmo per i vicoli del monastero e fra le bancarelle
del mercato locale. Comprai lì il mio occhio del
Buddha.
A quanto pare la nuova stazione di Lhasa è un'opera
avveniristica. Sembra che un tunnel la colleghi direttamente
alla città.
E così ce
l'hanno fatta e nulla sarà più come
prima, a meno di non volersi avventurare verso il campo
base del Qomolongma percorrendo la rotta che proviene da
Kashgar.
Resta il fatto che non c'è alcuna ragione al mondo
per farlo. Tranne forse per noi. E comunque è una
ragione anch'essa che presto verrà meno.
E' che se hai dormito in tenda al Chalten ed hai sfidato
l'antica maledizione cinese dell'autobus Golmud-Lhasa non
puoi fare a meno di sentirti un po' come Roy Batty.
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El Chalten
nel 1990
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Fra i vicoli
di Shigatse
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Lhasa, il
quartiere sotto al Potala. Oggi non esiste quasi più
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Così, dopo essermi visto La Samaritana di
Kim Ki-Duk, rientrato a casa ho ceduto a qualche avanzo
di uova di cioccolato, rigorosamente al latte, e l'ho accompagnato
con una Gulden
Draak gelata.
Beh, sapete che c'è? Legano piuttosto bene.
Adesso aspetto di vedere Ferro 3. |
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Se c'è una cosa che detesto degli inglesi - pardon,
degli irlandesi (!) - sono le stanze da bagno. Nel merito,
quelle delle camere degli alberghi.
Ora: passi che non ci sia mai lo spazzolone per il cesso;
passi che, come risaputo, il bidét "questo sconosciuto";
insomma, va bene tutto. Ma: possibile che nel XXI secolo,
in uno dei paesi più informatizzati del mondo, tutti
- e dico *tutti* - i lavandini abbiano ancora i due rubinetti
separati, per cui se apri quello dell'acqua calda vieni
investito da un getto geyser a seimila gradi che ti lessa
immediatamente le mani, e se apri quello della fredda è
come infilare le mani nella neve a quota ottomila?
Com'è che 'sta gente ha colonizzato il nuovo mondo
e nonostante ciò, dopo ventimila anni di evoluzione
del genere umano, ancora ti costringe a lavarti la faccia
(per non parlare dei denti...) riempiendo il lavabo e risciacquandoti
con l'acquetta sporca come si usa tuttora nelle valli tibetane
prive di acqua corrente?
E poi, vogliamo sdoganare un bel luogo comune? Sappiate
che quassù, patria degli U2, di questi tempi è
impossibile non ascoltare almeno dieci volte al giorno la
nuova versione di One, riarrangiata da Bono con Mary
J. Blige. Fra una passata e l'altra, tanto per gradire,
qualche altra canzone della band irlandese. E va bene che
gli U2 sono sempre uno dei miei gruppi preferiti, ma è
come se le radio italiane bombardassero solo, che so, con
Vasco a raffica. Quando si esagera si esagera :-)
Insomma, la nostra settimana irlandese mordi e fuggi entra
così nelle sue battute conclusive, fra quattro invocazioni
mattutine al santo protettore dei miscelatori e il ritornello
di One che non ti molla un attimo.
Ed è così che viaggiando da Ennis verso Galway
ci battiamo passo a passo la regione del Burren che, segnate,
merita di piantarci la tenda e ritirarcisi in eremitaggio
per qualche giorno. Naturalmente, qualunque tour del Burren
non può che iniziare affacciandosi sull'Oceano Atlantico
dalle Cliffs of Moher.
Certo, non sono le Cliffs of Moher il luogo migliore dove
arrivare in pieno mezzogiorno e sperare di tirar fuori qualche
scatto decente. Non so se avete presente, controsole pieno
verso scogliere nere: ecco, appunto.....
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