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"E' interessante pensare a tutte le comodità
che solitamente do per scontate e ancor pił interessante
è rendersi conto di come gran parte siano possibili grazie
all'energia elettrica. L'occasione per questa riflessione mi si
è proposta nella giornata di ieri.
In vaste zone del Libano del Sud, come quella in cui mi trovo, l'unica
fonte di eletticità è costituita da generatori a gasolio.
Quello a cui devo la mia doccia calda prima di mettermi a letto
ha dato i primi segnali di cedimento due sere fa: la luce in camera
ha cominciato ad affievolirsi e la stufetta a non scaldare pił
a sufficienza. Poco male: la notte è breve con i ritmi di
questo periodo.
Ieri mattina niente acqua in bagno: per i denti c'è quella
in bottiglia, ma la barba a secco non è proprio il massimo.
Spinto dal fumo bianco che usciva dal nostro Deutz 150 KVA ho contattato
Charbel, il tecnico che ogni quindici giorni dovrebbe verificarne
lo stato di manutenzione. In tre ore è giunto da Bèirut
(che poi è Beirłt) e in altre tre ha fatto quello
che ha potuto per rimetterlo a posto. Ci è riuscito, ma secondo
lui il carico è eccessivo, senza dubbio a causa delle stufette
che tutti stiamo usando per combattere il freddo libanese, il classico
'brutto freddo umido che ti entra nelle ossa' caro a tutte
le nonne del mondo.
Per il momento siamo giunti ad un compromesso: uffici e boiler dei
bagni in cambio del riscaldamento in camera. Sto facendo arrivare
un Deutz 350 KVA che, stando al nome, dovrebbe farci dormire sonni
tranquilli e possibilmente caldi.
Si fa un po' fatica da queste parti ad accorgersi che è quasi
Natale. Non sono molti i cristiani maroniti qui al sud e quelli
che ci sono immagino abbiano altro di pił importante a cui
pensare rispetto ai preparativi per i festeggiamenti. Ad esempio,
seguire le sorti delle elezioni del presidente della repubblica,
che sembrano ormai rimandate all'anno prossimo.
Questo ritardo non fa bene al Paese e soprattutto a questa gente
stupendamente dignitosa, alla quale auguro di trovare sotto l'albero
un 2008 di riconciliazione interna e di convivenza serena con i
vicini.
Io con un po' di impegno ho recuperato qualche addobbo natalizio:
come albero penso che un cedro vada pił che bene. E qui non
mancano.
Ciao, Matteo"
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(foto: Matteo
Marti)
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"Sull'evento, oggi, si verseranno ettolitri di inchiostro
e di retorica. Ma stavolta bisogna ammettere che una cancelliera tedesca,
donna, armata solo di un sorriso, che va a bussare alla porta polacca
e se la vede aprire per sempre è un grande pezzo di storia."
Soprattutto per chi, come noi, è nato in un'Europa dove circolavano
quaranta monete diverse e ci voleva il passaporto per andare persino
in Francia.
[via Corriere.it] |
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A pelle, meno cinque o gił di lì. La Nowy Świat è
tutta illuminata a festa, c'è tantissima gente in giro nonostante
il freddo e l'ora tarda serale. Cammino in direzione di Chmielna
e ho in cuffia Suerte, che fa un po' strano e tutto sommato
non c'entra nulla. E' la mia penultima sera a Warszawa, perlomeno
nel 2007. Ho lasciato Sienna 72 la scorsa settimana: per questi
ultimi tre giorni sono tornato all'Harenda
e attorno a me tutto, come dire, è cambiato. E' come essere
tornati indietro nel tempo, come se questa Warszawa, all'improvviso,
non fosse quella che ho vissuto negli ultimi tre mesi, come fosse
ancora quella in cui ho mosso i primi passi la scorsa primavera.
Non fosse per il freddo e le illuminazioni natalizie.
Passo davanti alla mia prima casa in Chmielna. Le luci sono spente.
Proseguo verso Marszałkowska, ma mi fermo un attimo prima. In qualche
modo, Marszałkowska segna il confine fra la mia prima Warszawa,
quella di passaggio, e quella recente, da warszawianin. Ed
oggi sono solo di passaggio. Torno indietro lungo Chmielna.
Lasciare la casa è come essersi chiusi la porta alle spalle
definitivamente. Questa non è la mia Warszawa, non è
il mio quartiere, sono di nuovo un (non proprio) turista per caso,
un qualsiasi ospite dell'Harenda.
Però ho ancora due bilet autobusowy normalny. Posso
andare un'ultima volta in ufficio prendendo il 180.
Il prossimo anno si vedrà. Intanto, ciao Warszawa, e buon Natale.
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Nowy Świat
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Puoi non amare un paese dove "dare la precedenza" si
dice pierszeństwo przejazdu (trascrivere la pronuncia è
impossibile)? Ho trascorso la mia ultima domenica a Warszawa
girando come un matto per andare a coprire tutti i quartieri e gli
ultimi hotspot che ancora mi mancavano. Ho finalmente attraversato
la Wisła, sono stato a Praga (Lara, è vero: fa tendenza.
Significa che lo raderanno al suolo per ricostruirlo da capo, ma
per il momento, fortunatamente, è ancora considerato un quartiere dal quale
è meglio tenersi alla larga dopo il tramonto :-), ho messo
piede nel famoso ed infinito mercato polacco-russo-ucraino-vietnamita
che, peraltro, nei prossimi mesi verrà smantellato per far
posto al nuovo stadio, ho visto la chiesa ortodossa di Praga e il
monumento alla fratellanza con l'Armata Rossa, uno degli
ultimi simboli dell'era sovietica sopravvissuti in città,
ho riattraversato a rovescio la Wisła per fare un salto a Łazienki,
e quindi il 180 mi ha riportato di corsa in centro, mentre su Warszawa
scendeva la sera (alle tre e mezza del pomeriggio), in tempo per rifotografare
Rynek decorata con le illuminazioni natalizie e finire il pomeriggio
davanti a un bicchiere di wino grzane e ad un piatto di formaggi
polacchi, dentro a una piccola trattoria di Świętojańska, a due
passi dal castello.
E' così che ho imparato che puoi girare Warszawa di autobus
in autobus, senza soluzione di continuità, semplicemente
consultando ad ogni fermata i percorsi di ciascuna linea ben evidenziati
sotto alle pensiline, saltando sul primo bus che pił o meno
va nella direzione che ti serve e scendendo alla prima fermata di
interconnessione con altre cinque, dieci linee, dove sicuramente
ne troverai un altro che ti porterà lungo la tua rotta. Autobus
presi in fila, concatenati uno dietro all'altro, affollati di warszawianin
a zonzo, attraverso una tranquilla Warszawa domenicale pronta per
il Natale, persino baciata da qualche raggio di sole che filtra
nella nebbia in sospensione e da una temperatura insolitamente autunnale.
Ecco dunque l'ultima sequenza che rubo a questa città,
che per quasi otto mesi mi ha accolto, insegnato, benvoluto. Domani
riporto in Italia una grossa valigia, la prossima settimana
mi basterà un piccolo trolley per soli tre giorni. Poi, forse,
se ne riparlerà il prossimo anno, o forse no, chissà.
Non pił così, quasi sicuramente.
Adesso è tempo di tornare davvero a casa. A casa mia.
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Rynek, Stare Miasto
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Piwna, Stare Miasto
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Podwale, Stare Miasto
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Attraverso la Wisła,
Most Łazienkowski
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La cattedrale ortodossa,
Praga
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Łazienki
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Park Łazienkowski
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Pomnik Braterstwa Broni, Praga
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Attraverso il grande mercato di Praga
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Ieri sera, qui a Warszawa, straordinario concerto al Palladium
di Emir
Kusturica & The No Smoking Orchestra. Oltre ad amarlo
molto come regista, sapevo della vita artistica parallela di Kusturica
come musicista e conoscevo già le sue collaborazioni con
Goran
Bregović, così non ho esitato ad affrontare i 250
Zł del biglietto per non perdermi questa occasione irripetibile
di poterlo veder giocare (quasi) in casa. E ho fatto assai bene!
E' stato travolgente. E' parecchio che non vedo Bregović dal vivo,
ma a caldo mi verrebbe da dire che la
band di Kusturica merita ancor di pił. Nele Karajilic,
il cantante e leader della band, è un raro animale da palcoscenico
e ha trascinato il pubblico come poche volte capita ancora di vedere.
E poi, Kusturica a Warszawa, è come (attenzione: eresia a
fine di iperbole...) Venditti al Circo Massimo (ecco, l'ho detto,
oibò). Certo, il Palladium di Warszawa non è il Circo
Massimo, ma insomma, fate conto che l'atmosfera fosse quella. Aggiungo
che nonostante l'età media del pubblico fosse curiosamente
quasi pił alta di quella del mitico concerto
dei Police di settembre, la birra scorreva comunque a fiumi
e ha fatto la sua parte.
Uno degli aspetti pił interessanti della mia serata, peraltro,
è stato il tipo seduto al mio fianco. Strano era strano,
in effetti, non fosse altro per la pettinatura. Il fatto è
che a un certo punto Nele Karajilic ha detto al microfono che in
sala era presente un grande e famoso artista suo amico, e ha iniziato
a chiamare un tale Kazik, o qualcosa di simile: Kaziiiiik,
Kaaaaaziiiiiiiik where are you? I fari hanno iniziato a spazzare
sul pubblico e attorno a me si sono all'improvviso materializzati
un paio di energumeni vestiti di nero che hanno salutato, appunto,
Kazik Staszewski: il tipo al mio fianco. Che si è alzato fra il delirio
del pubblico ed ha raggiunto la band sul palco per continuare la
performance insieme a loro.
Mi è parso di capire che l'amico sia parecchio popolare da
queste parti, una specie di Vasco Rossi locale che vende dischi
a palate. Ma pensa te: ero seduto di fianco a una celebrità
e mi sono lasciato scappare l'occasione di un autografo!
Insomma, mi sono così divertito che, oltre a tirar gił
qualche foto, ho deciso di aprire anche uno spazio
su YouTube per scaricarci qualche (pessimo) filmato fatto
con il cellulare, naturalmente in linea con le tendenze giovanili,
per cui ormai ai concerti non si va per vedere il concerto e ballare,
ma per fotografare e filmare il concerto con il telefonino.
La qualità è ahimé davvero scarsa, ma rende
perfettamente l'idea, a partire dall'apertura
del concerto sulle note di Sovietsky Soyuz, semplicemente
geniale. Bellissime le luci e le coreografie, dello stesso Kusturica,
il lungo assolo di batteria e violino, il duetto esagerato fra il
violino e la chitarra distorta di Kusturica suonata con un archetto
gigante, le gag di Karajilic con il pubblico (non sono ahimè
riuscito a riprendere lo spogliarello, soprattutto quando ci ha
mostrato il culo).
E dunque, cacciate via mezz'ora di ufficio, ficcatevi una cuffia
in testa e venite
con me al Palladium di Warszawa. Partendo dall'inizio,
mi raccomando.
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Leonardo è un po' deluso: non c'è la neve e il papà
gli aveva detto che a Warszawa nevica sempre. In effetti ha nevicato
fino a qualche ora prima del suo arrivo, ma poi la temperatura si
è alzata di colpo, la neve si è trasformata in pioggia
e la pioggia ha lavato via la neve per terra. Per fortuna basta
qualche chiazza rimasta qua e là sul marciapiede a farlo
felice.
A Leonardo piace soprattutto il grattacielo del Marriot perché
sembra che nevichi. In effetti, l'illuminazione notturna
lungo le facciate simula una nevicata, è una delle immagini
che preferisco di Warszawa by night.
A Leonardo piace anche prendere il taxi. Credo sia perché
molti hanno la televisione a bordo.
Polonia, decimo paese per il nostro piccolo globetrotter: a meno
di quattro anni è un buon bottino. Arriva all'aeroporto di
Warszawa con il suo fido zainetto pieno di giochi, accompagnato
dal suo nuovo pinguino di peluche. Certo, dopo il Giappone
la Polonia gli scivola quasi addosso, e poi non c'è la neve,
uffa, e poi il papà e la mamma non sanno il polacco e non
sono capaci di tradurgli il Topolino comprato a Warszawa, uffa di
uffa. In compenso, lui il polacco lo impara subito: il terzo giorno
sale su un taxi e sfodera con nonchalance il suo dzień dobry
al tassista. Lo adoro (Leonardo, non il tassista).
Peccato aver dovuto lasciare Carola a casa e aver così rimandato
il suo battesimo del volo, ma ad otto mesi è ancora un po'
troppo piccola, e poi Leonardo è qui a Warszawa con la mamma
(anche) perché il papà gli ha promesso di esaudire
un desiderio: mostrargli dove (vivo e) lavoro quando sono lontano
da casa, ma anche (e soprattutto) portarlo a vedere come si fanno
le merendine di cioccolata che gli piacciono tanto. Ed è
così che sabato mattina partiamo tutti e tre alla volta dello
stabilimento di Belsk, dove già vi ho portato la scorsa
settimana.
Per la verità, l'altra volta vi ho solo mostrato il cartello
di Belsk. Così ho pensato di rimediare, anche perché
Belsk è quasi una leggenda fra gli impiegati dell'azienda
con cui collaboro da ormai quattordici mesi. Ho sentito parlare
di Belsk fin dai miei primi
giorni ad Arlon e mi è stato chiaro fin da subito
che, di certo, non ci avrei mai messo piede.
Infatti.
Ora, si fa presto a dire che a Belsk non c'è nulla, che è
solo un incrocio, che è il solito posto dimenticato da dio
e dagli uomini, e bla bla bla. Il punto è che Belsk è
davvero solo un incrocio. Un incrocio (skrzyżowanie,
in polacco, per la cronaca) fra una piccola strada provinciale ed
una sperduta stradina in mezzo alla campagna polacca. E, davvero,
non c'è altro. Vuoto spinto. Non un bar. Non un ristorante.
Non un'edicola, un chiosco, un benzinaio, un coniglio con una carota,
una talpa - no, talpe ce ce ne sono parecchie, almeno a giudicare
dalle tane nei campi...
Venti case, forse. In mezzo all'incrocio, un mercato improvvisato
con due teloni di plastica e qualche cassetta di legno impilata.
Ah, sì: una chiesa. Sproporzionata rispetto a tutto il resto
(resto?). Insomma, Belsk, a un'ora di auto dal centro di Warszawa,
è questa roba qui:
Bene, qui c'è uno degli stabilimenti pił grandi al mondo
del mio cliente. E quando dico grande, intendo davvero grande.
Dovreste vedere il piazzale dei TIR. Credetemi, è affascinante
(per dirvi la verità, io trovo affascinante anche Belsk,
a modo suo). Insomma, qualcuno forse ricorda il titolare qui aggirarsi
un anno fa in
tenuta da Cassandra Crossing in quel di Arlon. Ed ecco qui
oggi il nostro tigrotto in visita allo stabilimento di Belsk, con
tanto di càmice ufficiale taglia xxl arrotolato e foto d'ordinanza
regolarmente autorizzata!
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Leonardo pronto per
la visita alle linee di produzione!
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Sempre in tema di analogie con la mia passata permanenza ad Arlon,
fra le cose che ho in lista, prima o poi una guida ragionata ai ristoranti
ed agli alberghi di Warszawa. Pił poi che prima, come al solito,
ma contateci. Nel frattempo, vi segnalo che Leonardo, forte come detto
della sua esperienza giapponese, ha molto apprezzato lo Zen Bistro,
un posto molto carino dalle parti della Świętokrzyska.
Lo Zen Bistro
mi dà anche lo spunto per segnalarvi quanto, da queste parti
(come peraltro quasi ovunque, Italia a parte), si diano per scontate
certe attenzioni ai bambini. Ora, lo Zen Bistro non è esattamente
un posto dove la sera si aspettino di dover servire bambini. E' un
locale piuttosto sofisticato e peraltro i warszawianin non
è che portino i bambini a cena al ristorante così frequentemente,
tutt'altro. Be', qui per esempio, Leonardo ha avuto, nell'ordine:
bastoncini speciali legati con l'elastico, che fra l'altro sono anche
un gioco bellissimo; disegni da colorare e scatola completa di pastelli
colorati; foglio decorato e relativa busta per scrivere la letterina
a Babbo Natale; menł per bambini; piatto di gamberoni bolliti
preparato apposta per lui, fuori menł, con decorazioni d'ordinanza.
Devo commentare? Va da sé che lo Zen Bistro non è un'eccezione,
è la regola (nel ristorante della sera precedente gli hanno
portato un palloncino colorato che lo ha fatto diventare matto).
Perché, perché, perché diavolo queste cose in
Italia non accadono? Cioè, ma avete presente andare in un ristorante
di Milano? |
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Marszałkowska
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Galeria Centrum
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Jerozolimskie
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Chmielna
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Złote Tarasy
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Wilanów
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Emilii Plater
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Cinquant'anni
di Storia...
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Złote Tarasy
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Jana Pawła
II
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Świętojańska
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Plac Zamkowy
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Rynek
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Ci sono due cose che mi danno particolarmente soddisfazione nella mia vita da warszawianin: guidare tranquillamente per le strade di Warszawa senza navigatore ed avere finalmente capito qual è il tonno sott'olio, dopo averne comprato al supermercato quattro differenti scatolette tutte al naturale. |
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L'ironia non è nella curiosa assonanza. E' nel fatto che,
quella nella pubblicità qua sotto, *non* è una curiosa
assonanza con l'italiano. Significa pił o meno proprio questo:
"Se non approfitti dell'offerta sei un idiota."
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