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Rapidamente, senza far troppo mente locale: 1994 Tunisi, 1995 Praga,
1997 Budapest, 1999 Berlino, 2000 Damasco, 2001 Abu Dhabi, 2003 Jersey,
2005 Sarajevo, 2006 Marienhamn, 2007 La Valletta. Così, tanto
per inventariare e fare ordine.
Il pomeriggio del 31 dicembre 1987 feci una passeggiata nel bosco
di Val Codera. L'acqua era ghiacciata e faceva parecchio freddo. Resta
il fatto che fra quelli della serie rifugi in montagna quello
del 1988 dal Tarcisio è stato il migliore, oltre ad essere
stato il primo. Di più: è stato uno dei più belli in
assoluto dei miei quarantaquattro capodanni. Non sono mai più tornato in
Val Codera, peraltro.
Comunque. C'è una ragione per ciascuna tessera mancante al
puzzle. La novità è che da domani il buco sarà doppio.
Finisco con un principio di tendinite al malleolo interno del piede
sinistro - che fa piuttosto male, con suppergiù seicentosettanta
chilometri nelle scarpette e con il record dell'anno stabilito proprio
questo pomeriggio al parco, poco prima che iniziasse a nevicare.
Guardo fioccare alla luce arancione dei lampioni, mentre Georges Prêtre
dirige la sua orchestra sinfonica sulle note di Offenbach, ed è
commovente e straordinario.
E' tutto bianco: prende, prende eccome. Il bicchiere è uno
di quelli comprati a Praga.
Meno tre, due, uno. Puff.
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Ma c'è qualcosa di più straordinario del cantare Goldrake a squarciagola con Leonardo?
(Sì: Leonardo che concentratissimo legge piano piano, due o tre lettere alla volta, il testo sul foglietto che gli ha stampato il papà, per impararlo.)
(E Carola che lo guarda innamorata e ride.) |
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Leonardo a gennaio farà cinque anni. Oggi mi ha comunicato che da grande, nell'ordine, vuol fare: primo, il poeta; secondo, il pescatore (quello con la canna); terzo, quello che studia le ossa dei dinosauri.
Non è meraviglioso?
[Fatti due conti, temo che in prospettiva mi costerebbe di meno se decidesse di fare il master ad Harvard.] |
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Tornare a correre a soli diciassette giorni da un intervento chirurgico,
tre settimane dopo l'ultima volta che ho messo le scarpette (e che
ho staccato il mio record dell'anno), avendo fra l'altro lasciato
per strada cinque chili in tre soli giorni grazie anche ad una bella
gastroenterite virale che ha pensato di venirmi a trovare durante
la convalescenza, potrebbe anche essere un piccolo successo. Senonché.
Senonché, dopo quasi un anno e più di seicento chilometri
corsi dall'inizio di questa avventura fantozziana, mi sono regalato
- oltre ad un bella tutina invernale nuova, ché ormai sono
completamente caduto nel tunnel del runner dopolavorista quarantenne
sfigato che sogna la New York Marathon - questo.
Oggi l'ho collaudato. E mi sono depresso al cubo. Secondo 'sto affare
e il suo compare Google Earth, infatti, la misura del mio circuito
standard da 10km, sul quale ho creduto di volare di record in record
negli ultimi mesi, è completamente sballata: sono poco più
di 9,6km. Quindi, 'na cippa che ormai corra regolarmente i dieci
chilometri sotto i 55'. Fatti due conti, è già un
miracolo se fino ad oggi ho sfondato la barriera dell'ora due o
tre volte.
Il cronometro collegato al gps, poi, mi ha martellato implacabile:
vabbé che il mio stato di forma corrente è pari a
quello di un lamellobranchio del Pacifico Meridionale, ma io, fino
a tre settimane fa, mi credevo di correre ormai con tempi prossimi
ai 5'15" al chilometro di media. Lo stronzo sciagurato
aggeggio, invece, oggi mi ha battuto i primi due attorno ai 5'30",
per poi calare ben oltre i sei minuti al chilometro, finché
al sesto, transitato oltre i trentasei minuti, mi sono arreso allo
sconforto e mi sono fermato a meditare sulla curvatura dello spazio
tempo e sull'esistenza di altre forme di vita nell'universo.
Provo una certa empatia verso Napoleone a Waterloo. |
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A me Soru piace un casino (nel senso politico del termine). |
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Sfide al limite delle possibilità umane: partire da Alba alle 14.18, ultimo venerdì prima di Natale, per essere alle 16.00 in via della Chiusa, pieno centro storico di Milano, parcheggi solo residenti, zona ecopass. Importante appuntamento di lavoro, naturalmente: il ritardo non è contemplato.
Piaceri della vita dimenticati: cappuccino e torta al cioccolato alle 18.30 in un bar di Molino delle Armi, centro di Milano, un freddo-ma-nemmeno-troppo ultimo venerdì prima di Natale. Poi esco dal bar, mi guardo intorno e penso: sì, ma se adesso ad esempio volessi andare a correre, come farei? E all'improvviso mi ricordo perché sono andato ad abitare in un paesino in mezzo al verde, a cinquecento metri dal parco più grande d'Europa. Certo, il cappuccino serale in Molino delle Armi...
Constatazione piacevole: a Milano esistono ancora gli zampognari. Pace inside. |
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A parte varie altre cose di cui talvolta si è qui discusso
e a ragion delle quali l'ho citato (sarà che siamo coetanei?)
io con Luca
Sofri condivido un'ennesima cosa, ed anzi, la piazzo in
cima alla lista: Oh happy day nella versione di Edwin Hawkins
Singers.
Anche se mi sentirei di consigliargli a pari merito quella dei Tuff
Singers e quella di Etta James.
Solo per dire che anche
io le colleziono. Ma solo ed esclusivamente le versioni
di Oh happy day. |
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