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Mio padre fa spesso un po' quel che faccio io, o sono io a fare
quel che fa lui. Insomma, condividiamo (anche) qualche mania. Ad
esempio, quella di passare una fetta del nostro tempo a fare ordine
nel passato.
Càpita così che dal suo personale cassetto dei ricordi
saltino fuori frammenti che per combinazione sono anche miei e,
poiché mio padre sta al di qua della frontiera del digital
divide, càpita anche che quei ricordi si trasformino
per magia da un vecchio telaietto 6x6 che contiene un frammento
di pellicola positiva sbiadita e macchiata ad un riquadro lato trecento
pixel sedicimilioni di colori, e all'improvviso eccoci qua, lui
ed io, vecchie macchie ripulite e colori risaturati, e sapete com'è,
c'è che un po' mi commuovo, e mica poco.
Perché quello rosso (e quello sotto in canottiera, con il
maglione in vita) sono io, e chi guida e insegna è lui. Dolomiti
di Brenta, 1976.
Poi chiedetemi perché trent'anni dopo sono ancora qui che
sogno il mio ottomila.
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Dolomiti di Brenta,
1976: dietro a mio padre
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Ma, vi dirò la verità. Non è poi tanto quello
a commuovermi. Quello è sangue. E' invece quello che sta qua
sotto. Perché la prima foto è nata 6x6, la seconda è
nata già digitale, l'età dei due tipetti vestiti di
rosso è esattamente la medesima, solo che quello sopra è
il papà, e quello sotto è il figlio (e quello grande
con la giaccavento bianca è ovviamente il nonno, o il papà,
fate un po' voi, dipende dal punto di vista).
In mezzo ci sono quasi quarant'anni. E a vederle insieme, sì,
un pochetto la lacrima mi scende.
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Andalo (TN), 1969
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Andalo (TN), 2008
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Insomma, due anni fa cadevamo tutti nella Rosa nel Pugno, il che,
col senno di poi e visti i risultati, vabbé, che ne parlo
a fare. Comunque. Quest'anno, secondo i medesimi
signori ed altri
che hanno scopiazzato l'idea, il vostro titolare qui cade
così.
Giusto perché sappiate con chi avete a che fare quando passate
di qui - e sempre secondo l'opinione dei signori di cui sopra.
Che poi sia davvero anche la mia, è ancora tutta da vedere.
Ma ecco, l'Italia dei Valori no, non ce la posso davvero fare. Almeno
questo no, eddai (per fortuna non è la più vicina).
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Torniamo sull'argomento che pių vi appassiona.
Succede che dovrò smettere davvero di correre per un bel po'. Mi ritrovo infatti con l'intero impianto legamenti-muscoli della gamba destra completamente infiammato. A quanto sostiene rassegnato il mio aggiustaossa di fiducia, un classico del quarantenne in pieno rush adolescenziale che si rimette a fare attività impegnativa dopo anni di vita sbracata su una sedia da ufficio.
E' accaduto che una decina di giorni fa, durante la mia prima sessione al (mio modificato, come di consueto) livello 5 (5 serie da 10', intervallate dalle solite pause di 3'), verso la fine, la gamba destra abbia iniziato a farmi parecchio male. Fiato ne avrei avuto da vendere ancora per un po', ma di fatto non riuscivo quasi pių ad appoggiare il piede destro dal dolore. Un dolore, per gli esperti del caso, che secondo me ha origine in qualche punto del ginocchio, ma che si propaga dall'inguine fino al tallone, con un apparente cedimento vero e proprio dell'appoggio nella zona posteriore al ginocchio (dietro, insomma).
Sono comunque arrivato in fondo alla mia oretta di allenamento giusto per onor di bandiera, un po' zoppicando, un po' saltando qualche passo e appoggiando quasi solo sulla sinistra, ma poi non ho praticamente camminato per ventiquattr'ore.
Per la cronaca e per i passanti abituali: scarpette vecchie, naturalmente, ché quelle nuove adesso le uso solo per camminare normalmente, come suggerito dall'aggiustaossa di cui sopra e da qualcuno di voi.
Comunque: a quel punto mi è stato chiaro che avrei dovuto fermarmi del tutto qualche giorno, e ho iniziato a preoccuparmi. Capite bene che ormai sono del tutto preso da 'sta faccenda e il dover interrompere la mia escalation verso le vette (è il caso di dirlo) dell'alpinismo d'alta quota non era, né sarebbe, affatto contemplato. Del resto, come peraltro si diceva poc'anzi, il parere comune, fisioterapista in testa, è che sia un fenomeno del tutto normale nella mia condizione, destinato a passare con il tempo.
Così ieri sera, dopo dieci giorni di inattività ed assenza totale di dolore da ormai tre-quattro giorni, sono ridisceso "in pista", con la mia solita tutina e le ormai affezionate scarpette vecchie. Niente cappellino di lana né guanti, ché ormai è quasi primavera. Infatti mi sono congelato il cervello ed avevo i ghiaccioli che calavano dalle sopracciglia.
Insomma, dopo le prime tre serie da 10', nonostante avessi iniziato gasatissimo e fossi perfettamente in palla con i polmoni, ho dovuto mollare di schianto: quasi non riuscivo pių nemmeno a camminare ed è stato evidente che qualunque tentativo di forzatura, anche ammesso di riuscirci, sarebbe stato davvero molto molto dannoso. Amici miei e cari miei fans: un disastro. Nonostante la nottata in mezzo, poi, oggi ancora non riesco nemmeno a salire le scale.
E dunque, che fare adesso? Mi sa che qui devo considerare l'idea di fermarmi davvero per almeno un mesetto, se non di pių, che vorrebbe dire buttar via quasi tutto il lavoro fatto fino ad oggi, immagino. O no? Help me, miei esperti lettori e sostenitori di quest'audace impresa di ricostruzione fisica del vostro amato titolare.
La cosa interessante è che sabato scorso avevo comunque portato Leonardo a sciare ed avevamo trascorso tre orette tranquille su e gių per le piste, senza che io avessi avvertito alcun problema. Quindi, non tutti i movimenti evidentemente nuociono ai miei arrugginiti legamenti. Fra l'altro, un po' per il meteo ballerino, un po' per altri impegni, dopo gli exploit iniziali qui non si batte pių chiodo da ormai un mese e ancora per almeno un paio d'altre settimane non si batterà.
Siamo alle solite.
Non voglio mollare il mio obiettivo. Non ora. Non questa volta. No, no e poi no. Se mi (ri)fermo è la volta che lascio definitivamente perdere.
Qui ci vuole un'iniezione di fiducia e motivazione. E qualche suggerimento piazzato bene. |
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Il taxi del Riccio è una specie di camera a gas,
perché lui fuma come un turco e in effetti, ogni volta che
sbarco a Roma, per qualche motivo a me viene in mente Istanbul.
E Genova. Sono certo che esista un motivo occulto per cui molti
genovesi amino Roma. Io non sono fra questi, e non saprei dire bene
il perché. E poi secondo me Istanbul è una della città
pių belle del mondo.
C'è che a Roma io mi sento irrimediabilmente calato nei panni
del milanese naufragato nella capitale. Eppure mi è capitato
anche di viverci parecchi mesi, anni fa. Sta di fatto che mentre
scendo dall'aereo avverto immediata la sensazione di essere la caricatura
di Massimo Boldi e mi sento addosso gli occhi di un paio di milionate
di romani.
Er Riccio indossa un paio di RayBan a specchio anni '70,
modello Milano spara, Roma risponde, la polizia si incazza,
insomma. Del fatto che ci sia la tariffa fissa da Fiumicino a Roma
se ne sbatte allegramente e fa partire il tassametro. Inforca il
Raccordo, lato esterno. - Dottò, che facciamo? Deqquà
o dellà? Vabbè, aò, facciamo dellà.
Di solito dellà nun ce se move, ma oggi me sa che vabbene,
cheddice?
Echennesò, io. Io ho sonno, mi sono svegliato alle 4.30 per
essere a Roma in tempo per la riunione di questa mattina. Quindi,
il mio obiettivo è arrivare in tempo alla riunione.
Altrimenti potevo anche alzarmi alle sette.
Er Riccio inforca il Raccordo, lato esterno, fa un po' di
slalom in corsia d'emergenza, guida senza cintura. Ascolta Radio
Roma, nel senso della squadra di calcio. Insomma una radio giallorossa
per intenderci. Strano, di solito becco quelli che ascoltano una
qualunque Radio Lazio. Per fortuna evita di trascinarmi dentro a
un dibattito sul pallone.
Non lo fa perché parla contemporaneamente con tre cellulari,
tutti senza auricolare. Suonerie standard, non si segnalano derive
patologiche in merito degne di blog. Cinque o sei chiamate sono
con 'a Cla', perché devono mettersi d'accordo per
incontrarsi cor cassamortaro. Mi par di capire che
er cassamortaro non sia uno che ha a che fare con i funerali,
così sarei curioso di conoscere il tipo che si porta dietro
un soprannome del genere.
Er Riccio ha mal di schiena oggi e chiama la moglie per avvertirla
de buttà pure gių 'a pasta che verso leddue sta
accasa, cheppoi se butta sur divano, che nun ce sta dar mal di schiena,
oggi.
Io mi sento come Massimo Boldi e un po' me ne vergogno, ma non riesco
a liberarmi del transfer.
A Roma si mangia male. Io lo dico da almeno dieci anni e da almeno
dieci anni prendo schiaffoni da tutti. Be', lo ribadisco: a Roma
si mangia male. O meglio, si mangia sempre la stessa roba: abbacchio
(che a me non piace) e piattate enormi di roba pesantissima e assolutamente
ordinaria, tipo tavola standard da trattoria italiana, per cui con
un piatto di fettuccine a pranzo ti puoi ammazzare di calorie per
tre giorni, e se hai ordinato pure l'antipasto sono cavoli tuoi.
Mi rendo conto di essere sempre pių inesorabilmente milanese
minimal-insalatina-panino-evvia, e me ne vergogno. Ma il transfer
non mi molla.
A Roma credono ci sia traffico. Non se ne può pių
di 'sta storia che a Roma il traffico è il peggiore del mondo.
Io vorrei prendere tutti i romani e trapiantarli per un giorno a
Milano per insegnare loro cosa vuol dire traffico. E sai
perché? Perché il numero delle auto in circolazione
è lo stesso, ma Milano è uno sputo di città
in confronto a Roma e, soprattutto, non ha i viali che ha Roma.
Milano è un accidenti di buco rionale fatto di vicoli stretti
e vicoli lunghi, e dove ci sono i viali a quattro corsie ci sono
anche le macchine in terza fila che di corsie se ne portano via
tre emmezzo. A Milano, semplicemente, non si circola e non si parcheggia.
Amici romani, fatevene una ragione.
A Roma, poi, ci sono le auto blu. Questa cosa delle auto blu è
un mistero. Perché a Roma le vedi davvero le auto blu, è
pieno di auto blu, un romano su quattro ha una sirena blu sulla
zucca, e mentre il fenomeno in sé mi sembra del tutto normale
- tutto sommato siamo a Roma, Italia - mi chiedo come sia possibile
che a Milano tutte queste auto blu non ci siano. Forse perché
se a Milano ci metti pure le auto blu puoi anche fotterti definitivente,
tu, il tuo monsterSUV e i tuoi appuntamenti in centro a qualunque
ora siano. Forse perché il traffico di Milano non è
permeabile nemmeno alle auto blu. O forse perché a Milano
se provi a tirar fuori una sirena trovi immediatamente qualcuno
in motorino che te la ciula al primo semaforo rosso, manco fosse
un rolex.
E' così. Io a Roma mi sento la caricatura di Massimo Boldi
in Fratelli d'Italia, e me ne vergogno davvero, credetemi.
Ma, mortacci miei, il transfer è ineluttabile.
E' che per me Roma è un casino. Io non riesco a imparare
a Roma, in alcun modo. Per quanto possa esserci vissuto, per quanto
possa aver frequentato amici romani a Roma. E' che io non riesco
ad adattarmi alle città dove c'è troppo da fotografare,
e a Roma c'è davvero troppo da fotografare. E' che prendo
la mappa di Roma e ancora non ci capisco, dopo anni, un tubo. Essì
che me ne intendo di metropoli. Potrei girare a memoria Parigi,
Mosca, Pechino, Delhi, Tehran, New York, Bangkok, poi arrivo a Roma
e non so arrivare al Colosseo, non so dov'è Piazza di Spagna,
non so di essere a due passi da San Pietro, non trovo pių
Piazza Navona. Vedo i palazzi e non li distinguo, per cui il Quirinale
potrebbe essere anche lo Sheraton, e viceversa. Perché Roma
mi respinge? Non lo faccio apposta, il Boldi transfer non è
colpa mia. Non sono nemmeno milanese, io.
Oggi poi, Roma, non mi sembra pių nemmeno bella come dieci
anni fa. Perché è un dato di fatto che a Roma io abbia
sempre riconosciuto una bellezza oggettiva che a Milano non riconosco,
per quanto il mio rapporto con Milano sia molto pių sanguigno
ed endemico.
Io mi stanco ad andare in giro per Roma. Non ho riferimenti spaziali,
logistici, non ho uno schema che vi si adatti. Non ci capisco un
cazzo (pardon), io, di Roma. Ci cammino perfino male e quasi mi
prendo una storta.
L'hotel Grand
Beverly Hills è esattamente la rappresentazione di
Roma proiettata dal mio transfer. E' un hotel pių o meno
in centro, meno in centro di quanto lo spaccino loro, comunque.
Fra l'altro, io abitavo qui vicino al tempo della mia permanenza
a Roma.
Quattro stelle, prezzo di listino per una camera singola: trecento
euro. Trecento euro, quasi cinquecento dollari al cambio
odierno, capite? Ma quale mai accidenti di hotel quattro stelle
quasi in centro, in qualunque capitale al mondo, propone
a listino camere singole base al prezzo di cinquecento dollari a
notte? A Time Square, forse. Forse. Solo che lo standard è
un pochetto diverso, perché le camere singole del Grand Beverly
Hills sono davvero in uno stato ridicolo rispetto al rapporto stelle/prezzo.
Vogliamo solo parlare della doccetta stretta stretta con scarico
intasato, getto triste triste, tendina di plastica sporca, dentro
a un bagno di un metro per un metro? O del tragico buffet che, per
chi segue da un po' di tempo le trasferte del titolare qui, nemmeno
quello dell'Arlux di Arlon?
Ma come fai a mettere l'accesso ad Internet in camera a 22 euro/giorno?
Ventidue euro! Pių di quello che io pago per l'abbonamento
mensile flat alla banda larga in wifi! Ma quale imbecille paga mai
un prezzo del genere per connettersi da una camera d'albergo quando,
se sono un turista, ancorché giapponese o americano, mi basta
piuttosto uscire, fare due metri e pescare un Internet point? Quando
è ovvio che se sono un un businessman in viaggio d'affari
99 su 100 ho il mio portatile con la connessione integrata che a)
mi paga l'azienda e/o b) sicuramente mi costa infinitamente meno?
Ma come ti viene in mente di proporre i canali satellitari a pagamento
e la connessione Internet a 22 euro al giorno, nel 2008, in un albergo
a quattro stelle in quasi centro a Roma? In un albergo, poi,
che nemmeno è in grado di offrirti un bagno decente, una
colazione come dio comanda, uno qualunque dei mille servizi che
qualunque albergo di livello simile, in una qualunque capitale al
mondo, ti viene messo a disposizione gratuitamente o al massimo
con un piccolo supplemento?
Mi viene la curiosità di prenotarmi una camera in un qualunque
hotel quattro stelle del quasi centro di Milano e fare
un raffronto.
E infine: ma com'è che in centro a Roma - Roma caput mundi
- il segnale UMTS va e viene e comunque non è mai al di sopra
delle due tacche?
Rivoglio Warszawa. A me Roma mette tristezza. Risalgo sull'aereo
e il transfer lentamente mi abbandona. Atterro a Milano e Milano
mi fa di nuovo schifo. Come ieri. Tutto rientra nei parametri noti. |
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Vero, verissimo, sacrosanto. Epperò rimane un ragionamento osceno, sostenuto con il bicarbonato.
Prova a digerirlo con questo.
(*) E' una cosa mia, lasciate perdere. |
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Sera, Drepung, lo Jokhang, il mercato del Barkhor, ed anche Ganden. Ho ancora la sabbia del selciato di tutti quei luoghi incrostata nella suola Vibram dei miei scarponi, posso ancora sentire l'odore di burro di yak che impregna ovunque quell'aria sottile, mi martellano ancora in testa le cantilene dei monaci nei monasteri, sento addosso sulla pelle la polvere in sospensione, e il gusto del Lassi fresco al tramonto dopo una giornata di acclimatamento e caldo e polmoni in affanno in alta quota.
E mi piange il cuore.
E' là che vorrei essere. Anche ora. Da allora. |
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Francamente, non riesco a capire dove sia lo scandalo. Tutto sommato stiamo sempre parlando del paese al quale dobbiamo Guantanamo, Abu Ghraib, Abu Omar e che ha inventato Saddam, Osama, Pinochet, salvo poi indignarsi al momento opportuno, naturalmente. Cos'è adesso 'sta storia dei diritti umani?
E poi in Ghana stiamo migliorando: ecco, io vorrei porre l'accento su questo. Sempre a parlar male della Cina, eddai. |
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Ci sarebbe quasi da riderci su. O anche no. Non mi è ben chiaro ancora oggi.
(Qui il riassunto delle puntate precedenti, nel caso) |
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Io i flashforward della quarta stagione non li sopporto già pių.
Update 7/3/08: la quinta puntata è galattica. Forse la migliore di tutte e quattro le stagioni passate su quella stramaledetta isola. |
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