Facciamo che non la butto in politica, ma a me, questa
storia del cinquantenario
della conquista del K2, dei nostri eroi che stanno scorrazzando
su e giù per l'Himalaya e il Karakoram, e tutto il
bla
bla bla mediatico
attorno alla vicenda, fanno davvero incavolare.
Facciamo che invece di buttarla in politica e sollevare
questioni su ciò che pubblicano
i Media,
e soprattutto sul perché lo pubblichino, vi racconti
io un po' di Storia, così magari da domani, se seguite
anche solo distrattamente gli eventi in questione, leggerete
il Corrierone, la Repubblica, e guarderete i servizi dei
tiggì con occhi un po' diversi.
Ve la faccio (quasi) breve, nonostante potrei scriverne
per giorni e citarvi una bibliografia chilometrica in merito.
Nel 1953 gli inglesi salgono l'Everest per la prima volta.
A dire il vero ad arrivare in vetta sono un neozelandese
di buona volontà e poca fama (fino a quel momento)
ed uno sherpa che sull'Everest era già stato una
dozzina di volte e nei dodici mesi precedenti aveva già
sfiorato il successo in un paio di occasioni. Ma la spedizione
era britannica e quindi onore a Sua Maestà.
Da allora quasi duemila persone sono salite in vetta all'Everest
(erano 1.780 al maggio del 2003).
Le statistiche più significative le trovate anche
qui
su Orizzontintorno, ma giusto per brevità vi racconto
che già nel 1978 un tale Reinhold
Messner ed il suo compagno Peter Habeler salivano
la montagna più alta del mondo per la prima volta
senza ossigeno, fra l'incredulità generale del mondo
accademico e alpinistico; ancora, nel 1980 quello stesso
Messner la saliva completamente da solo, senza sherpa, senza
un accidente di niente e per giunta quasi in periodo monsonico.
A quel tempo, per la cronaca, essere soli sulla montagna
significava esattamente questo: nessun altro, niente altro.
Niente radio, meno che meno telefoni satellitari, l'umanità
più vicina a qualche centinaio di chilometri di distanza.
Oggi non si contano quasi più le imitazioni. E già,
trovato il pazzo che dimostra che si può fare, tutti
a seguirlo, dopo. Solo che se tutti lo imitano, capita che
sulla montagna ci siano anche cento persone contemporaneamente
e che poi arrivino i satellitari, le attrezzature sempre
più tecniche, i campi fissi attrezzati con docce
a pagamento, e via così. Sto divagando, torniamo
alle nostre statistiche sull'Everest.
Sempre per stare nelle cronache recenti, Hans
Kammerlander, famoso compagno di Messner, qualche
anno fa l'Everest lo ha salito in 16 ore, portandosi solo
mezza borraccia di tè, e ne è sceso in sci
dalla vetta: è stato il più veloce senza l'aiuto
delle bombole di ossigeno. Con le bombole, uno Sherpa c'è
riuscito in meno di 11 ore. Undici ore, signori, dieci e
cinquantasei minuti per la precisione, dal campo base, quota
5.000, alla vetta, quota 8.850 metri sul livello del mare.
Ancora cronaca: lo scorso anno, in occasione del cinquantenario
della prima salita, sono arrivate in vetta anche 50 persone
nello stesso giorno. L'Everest è stato ormai salito
in qualunque stagione e per decine di vie diverse. Apa Sherpa,
che ha 42 anni, in vetta è salito 13 volte, e ci
sono arrivati anche un ragazzo di 15 anni, un anziano di
70, un diabetico, un cieco, un uomo senza una gamba e -
ne scelgo uno a caso fra migliaia - questo signore qui,
un vero appassionato di viaggi che di mestiere fa l'ingegnere
nucleare e che si diverte a mantenere un sito
web come il nostro. Dimenticavo: ci proverò
anche io (che poi ci riesca è tutto da vedere).
Ora, questo non toglie nulla all'impresa che tutti questi
personaggi hanno compiuto. Intendiamoci: salire l'Everest
è sempre una bella scommessa con la propria pellaccia,
molti quella scommessa la perdono ancora e non entro in
tutte le polemiche sulla questione. Non è qui che
voglio andare a parare.
Ma vi dico ciò per farvi riflettere un po', prima
di saltare alle conclusioni.
Cambio scena.
Nel 1954, un anno dopo la conquista dell'Everest, una spedizione
italiana organizzata di fatto dallo Stato con metodi quasi
militari e condotta da Ardito Desio, con gran profusione
di soldi dei contribuenti, di mezzi e di persone, arrivava
per la prima volta in vetta al K2,
seconda montagna della Terra. Naturalmente
da allora, così come l'Everest è la montagna
degli inglesi, il K2 è la montagna degli italiani
che, fra parentesi, dopo cinquant'anni si picchiano ancora
per alcune polemiche nate allora e per alcune questioni
non proprio limpidissime sull'organizzazione di quella spedizione
e sui comportamenti di alcuni alpinisti che ne fecero parte
e di altri che non ne fecero parte, a torto o a ragione.
E vabbè, nemmeno questo è il punto al quale
voglio arrivare. Chi ha voglia di approfondire può
fare una semplice ricerca con qualche parola chiave a caso,
tipo: K2, Bonatti, Lacedelli, Compagnoni, Desio, Cassin,
e ne scoprirà di belle su questa epica e controversa
pagina della nostra Storia, non solo alpinistica.
Il K2, si sa, è uno degli "ottomila"
più impegnativi. Ci sono voluti 23 anni perché
venisse salito una seconda volta, nel 1977. Ad oggi conta
circa duecento ascensioni, che sono un decimo di quelle
dell'Everest. Arrivare al campo base del K2 è tuttora
una bella sfacchinata, soprattutto se pensate che a quello
dell'Everest, dal versante cinese, si arriva in macchina.
Resta il fatto che anche la seconda montagna del pianeta
è stata ormai salita in solitaria, è stata
scesa in sci, è stata salita ben più di cento
volte senza ossigeno, e bla bla bla.
Dunque: questi sono un po' di dati per inquadrarvi, molto
rapidamente e sommariamente, come funziona la giostra dell'alpinismo
himalayano di oggi. In sintesi, partecipano ormai migliaia
di attori: spedizioni commerciali dove guide - o presunte
tali - accompagnano turisti spesso incoscienti fino in vetta;
spedizioni più o meno nazionali finanziate più
o meno da sponsor e da soldi statali; professionisti e fuoriclasse
che salgono più o meno da soli, in qualunque stagione,
per qualunque via; gente che sale di notte, di corsa, a
testa in giù, che si lancia dalla vetta con il paracadute,
con il deltaplano, con gli sci, con i cartoni dell'Esselunga.
Una specie di Circo Barnum, con effetti collaterali spesso
devastanti in termini di tributo ambientale (sull'Everest
e sul K2 ci sono i depositi di spazzatura più alti
del mondo) e di vite umane, l'unico ticket che viene pagato
con regolarità, tutti gli anni.
Ai campi base di Everest e K2, quando è stagione,
si contano ormai centinaia e centinaia di tende.
E quindi.
E quindi, alla luce di tutto ciò: qualcuno sa spiegarmi
perché diavolo il CAI, il CNR, lo Stato Italiano,
e vorrei sapere chi altro e in che forma, spendono i nostri
soldi per organizzare un'esagerata ed inutile spedizione
faraonica
d'altri tempi, ma dotata di tutta la tecnologia che solo
gli istituti di ricerca sono capaci di mettere in campo,
per spedire un centinaio di persone in Himalaya con l'obiettivo
di salire il K2
per il cinquantenario (e vabbè...), ma anche l'Everest
(che c'entra??), con giornalisti, scienziati, opinionisti,
vallette e quant'altro al seguito?
E, come se non bastasse, perché diavolo quotidiani,
televisioni, riviste, seguono l'avvenimento in un turbine
mediatico come se fosse la prima spedizione dell'uomo su
Marte, dimenticando (o nascondendo al grande pubblico) che
quelle "imprese" che vanno descrivendo imprese
non sono affatto e che, mentre i nostri eroi si divertono
a nostre spese a farsi sei mesi di vacanza in Himalaya,
nello stesso periodo a quegli stessi campi base e su quelle
stesse montagne ci sono altre centinaia di uomini che le
salgono con molti meno mezzi e molto meno chiasso?
Ma che cavolo c'è da pompare a tutto volume le "imprese"
dei nostri eroi, quando nessuno per anni si è filato
di striscio ben altre realizzazioni su quelle medesime montagne?
Ma perché nessun accidente di Media ha sprecato due
parole per tutti quegli alpinisti italiani, alcuni dei quali
dilettanti, che su K2 ed Everest sono saliti in tutti questi
anni, molti dei quali senza utilizzare ossigeno e, soprattutto,
con un centesimo dei mezzi con i quali la nostra spedizione
"ufficiale" del cinquantenario sta facendo tutto
'sto baccano?
Italiani sul K2? Vogliamo parlare di Reinhold Messner, Fausto
de Stefani, Sergio Martini, Hans Kammerlander, Marco Bianchi,
Gianni Calcagno, Soro Dorotei, Tullio Vidoni, Martino Moretti,
Salvatore e Mario Panzeri, Lorenzo Mazzoleni, Christian
Kuntner, Abele Blanc, Marco Comandona, Agostino da Polenza
(che di questa buffonata del cinquantenario è, fra
l'altro, uno degli ideatori), tanto per citare quelli che
mi vengono in mente e che dal 1979 ad oggi ne hanno calcato
la vetta con imprese a volte davvero straordinarie?
Iniziate a supporre che la lista degli italiani sull'Everest
sia anche più lunga?
Ma chiedete un po' a questo
signore come c'è andato lui sull'Everest,
quest'anno. Guardatevi le sue foto, leggetevi il suo
sito. E pensate a quanti altri come lui sono stati
lassù, con soldi e mezzi propri, senza che alcun
Media si prendesse la briga di occuparsene.
Che diavolo c'è, quindi, di così straordinario
da far interrompere le edizioni dei radiogiornali per annunciare
che "l'Italia è tornata sul K2 cinquant'anni
dopo"?
Veramente, cari amici, l'Italia sul K2 c'è tornata
già un bel po' di volte e scrivendo ben altre pagine
che non questa buffonata mediatica che ci stanno vendendo
queste settimane.
Vogliamo solo sussurrare che, di questi tempi, fa bene distrarre
la massa con qualche bella impresa eroica dei nostri valorosi
alpinisti italiani (che, tanto per non smentirsi, riescono
persino a litigare
in questa occasione....!)?
Vogliamo scommettere che al loro ritorno, i nostri eroi,
verranno anche ricevuti dal Presidente della Repubblica
che consegnerà loro una medaglia per la loro valorosa
ed epica impresa, che fa onore a tutti gli italiani e bla
bla bla?
Ma per favore!
N.B.: non me ne vogliano i "nostri ragazzi" lassù.
L'ho scritto senza voler togliere nulla a ciascuno di coloro
che in vetta, comunque, sono saliti questi giorni. Complimenti
ragazzi: anche se non siete dei Messner avete fatto una
gran bella salita. Molto meno straordinaria, però,
di altri che vi hanno preceduto. |