Premessa: non sarò breve, alla faccia di coloro
che mi rimproverano di essere prolisso. Se avete tempo da
perdere, leggete fino in fondo.
Svolgimento: a volte vorrei cedere alla tentazione di utilizzare
questo spazio diversamente, in modo, come dire, più
"impegnato". E già mi si riempie la bocca
ad utilizzare questa parola. Il fatto è che Orizzontintorno
dovrebbe in primo luogo essere, e in effetti è, lo
specchio di ciò che noi siamo ed amiamo, il contenitore
dei nostri sogni, il catalogo dei temi a noi più
cari e la vetrina sulle nostre attività a questi
stessi temi legate. Ne ho già discusso, proprio qui,
altre volte.
Che a noi piaccia viaggiare, e che i viaggi siano un po'
il filo conduttore della nostra esistenza, immagino traspaia
eccome. Molto probabilmente è questo il motivo per
il quale siete qua e state leggendo. Che il nostro viaggiare
sia fatto solo di spostamenti spazio-temporali è
invece totalmente riduttivo.
Noi, questo Globo, lo amiamo davvero. Lo teniamo d'occhio
e lo studiamo continuamente, anche a casa. Cerchiamo di
aggiornarci, di informarci, di coglierne le infinite facce:
culture e costumi, geopolitica, demografia, storia. Un bidone
senza fondo, pressoché inesauribile.
Emanuela, ad esempio, legge moltissimo, sicuramente molto
più di me che fino a un po' di anni fa divoravo a
mia volta libri in quantità industriale. Di tomo
in tomo, la sua lunghissima pipeline si arricchisce
di titoli di viaggiatori e non, di viaggi e non, di sogni,
di storie vissute e di grandi classici (quando l'ho vista
girare per casa con due chili di Anna Karenina mi sono preoccupato).
Io, al contrario, tendo ormai all'indigestione da informazione
appena sfornata. Lascio sempre più i libri in favore
dei Media: giornali, Internet, riviste. Sempre meno telegiornali,
sempre meno tv: almeno questo, forse, è un fatto
positivo. E quando son libri, leggo comunque di viaggi,
o di viaggiatori, o saggi legati alle vicende internazionali
attuali o passate.
Credo che divorare informazione sia il mio antidoto al non
sapermi guadagnare da vivere facendo informazione.
Così, impegnato dicevo, e pesco a caso: Iraq ed Afghanistan.
O anche Somalia, Sudan. O ancora Cina, un tema a noi assai
"caro".
Tutti argomenti sui quali ho opinioni stratificate, eccome,
ancorché le rimetta in perenne discussione con me
stesso. Vicende che conosco bene, che seguo da anni, che
approfondisco attaccandomi a tutte le fonti possibili. C'è
anche che, per quanto legga e per quanto metabolizzi informazioni,
mi sento sempre ignorante. Temo il confronto, l'inadeguatezza,
in qualche modo.
Poi, talvolta, leggo interventi che mi mandano in bestia
e allora alzo la mano, perdo la pazienza. Urlacchio la mia
cercando di non elevare troppo il tono di voce, ché
il chiasso mi dà fastidio, ma subito dopo torno in
ultima fila fra i miei appunti e mi estraneo dal caos, dalle
polemiche, dalle discussioni infinite, inutili, vuote, spesso
prive dell'ingrediente base: la conoscenza di ciò
di cui si dibatte. Opinioni (in)fondate sul nulla, o sul
sentito dire, o sul passa parola.
Io, invece, temo la mia ignoranza. Potrei discutere per
ore utilizzando le mie opinioni, entrare in un forum a caso
e blobbarlo di bla bla bla, ma sta di fatto che ogni volta
che ne sono tentato mi rimetto in discussione e mi chiedo
se ho davvero cognizione di causa. Se c'è una cosa
che detesto è ritrovarmi ad essere vacuo tanto quanto
quegli stessi interventi e quelle stesse opinioni che mi
danno la gastrite.
Impegnato: a volte vorrei trasformare il Giornale di Orizzontintorno
in un campo di battaglia. Vorrei buttar qui le mie idee
per poi lasciarmi travolgere dai commenti (ai quali, tanto
per batter sempre sullo stesso chiodo, ancora non siamo
riusciti ad aprire), ammesso che i commenti vengano. Fra
parentesi, abbiamo finalmente scoperto che siete quasi tremila
al mese, unici, ma vi fate sempre sentire poco, sia pure
per e-mail o guest-book.
Vorrei scrivere: sapete che penso, io, della vicenda Baldoni
e dell'intervento di Feltri? Sapete che penso, io, dell'Italia
in Iraq? Sapete che penso, io, della questione afgana?
Forse, quando avremo risolto la questione dei commenti al
blog, e questo spazio sarà infine aperto al pubblico,
virerò la rotta del Giornale, almeno per parte mia,
verso argomenti a me cari di politica internazionale. A
nessun titolo, sia chiaro: sono uno scemo qualunque con
opinioni qualunque. Ma se questo sito è lo specchio
di chi siamo, io sono anche le mie opinioni di viaggiatore
e di navigatore dell'informazione.
D'altro canto, mi chiedo quanto ho voglia di virare e perché
farlo. Perché non lasciare che Orizzontintorno sia
solo un bel sito di immagini e diari di viaggio. Per aggiungere
dell'altro inutile bla bla bla alla Rete? Per ego? Per rispondere
ad un bisogno di discussione e confronto che non sono affatto
certo di avvertire?
L'unica cosa che so è che quando mi ritrovai un paio
di anni fa ad esporre le mie opinioni (parte integrante
di Asia
Overland) sulla questione cinese, e sui cinesi in
generale, bastarono un paio di attacchi frontali a deprimermi
e a farmi reagire in modo assolutamente indisponente. Eppure
avevo argomenti, eccome. Li trovavo lì sul campo,
erano sotto ai miei occhi e ne dibattevo con interlocutori
che stavano in tribuna a guardare.
Mi sono però scottato. Difendere un'idea che può
apparire scorretta o contro tendenza non è facile.
Bisogna anche esserci un po' tagliati, o comunque avere
un valido motivo, voglia di discutere e una gran dose di
pazienza. A parte la voglia di discutere, delle altre qualità
io difetto un po'.
Poi, non c'è nulla da fare: le parole sono fatte
apposta per essere travisate e ben che vada c'è sempre
il rischio di passare per qualunquisti, o terzisti - posizione
che tutto sommato non mi dispiace.
Sta di fatto che io, l'esistenza di Enzo Baldoni, l'ho purtroppo
scoperta solo gli scorsi giorni attraverso i quotidiani.
Me lo sono letto tutto il suo blog.
L'ho pure segnalato su questo sito. Mi sono letto anche
tutto quello che aveva scritto e che ho trovato in Rete:
Colombia, Timor, Birmania. E ho continuato a navigare, di
link in link. Mi sono letto integralmente il blog di Pino
Scaccia, che segnalo oggi in home page. Immagino
quindi di averne digerito un quid in più della media
degli opinionisti che trovo in giro.
Ancora: seguo le vicende irachene da parecchio, come da
anni seguo quelle afgane. Mi sono letto quasi l'opera omnia
di Ettore Mo, tanto per citare uno a caso.
E, infine, mi sono letto anche gli articoli di Farina
e Feltri (che trovate nei commenti qui)
pubblicati su Libero.
Ora, detto questo, mi chiedo che accadrebbe se scrivessi
che:
a) Quello per Enzo Baldoni è stato un amore a prima
vista, riletto anche attraverso gli occhi di Pino Scaccia
e di altre testimonianze. A me Baldoni piace (assai tristemente,
da postumo). Davvero: umanamente innanzitutto, per come
si proponeva e per come scriveva.
b) I concetti espressi da Feltri e Farina su Libero, sui
cui toni si può certo discutere, non sono tuttavia
a mio avviso del tutto fuori di testa.
L'inviato di guerra è un gran bel ed affascinante
mestiere, dove probabilmente una pallottola in zucca la
metti in conto. Mi spiego, e consentitemi l'inadeguata metafora:
se vado a farmi una scialpinistica, sono certo che tornerò
a casa. Però indosso un apparecchio Arva di segnalazione
in caso di travolgimento da valanga. E, che possa capitarmi
una valanga, lo metto in conto.
"Lo metto in conto" non significa che me ne fotta
una sega, che sia un pazzo, o che sia in me un pensiero
costante. Significa che so che può accadere e sarei
un criminale a non considerare che la possibilità
esiste. Quindi, prendo tutte le precauzioni del caso e mi
tocco anche le palle.
In tanti anni di attività mi è capitato una
volta sola di vedere una valanga e di assistere al soccorso
dei travolti. In un altro caso, mi è capitato di
trovarmi le gambe bloccate da un inizio di slavina che ha
iniziato a scivolarmi sotto: non è stato affatto
bello e credo che mi si sia fermato il cuore per un secondo.
Certo sono diventato di gelatina.
Però a sciare sono tornato la domenica successiva.
Se dunque fai l'inviato di guerra sai già il ginepraio
(eufemismo) nel quale andrai ad infilarti. E prendi, immagino,
tutte le precauzioni del caso.
Se ti dicono che quella domenica il rischio valanga è
5, su una scala da 1 a 5, puoi fare due cose: startene a
casa con moglie e figli, o andare lo stesso a farti la tua
uscita. Ma attenzione ai termini: se esci non sei un eroe,
sei uno che ama la montagna. Hai tutto il diritto di amarla
e di farti la tua uscita, ma quello che io ne leggo è
che la montagna ti tira più della tua famiglia.
Non è un giudizio, chiaro? E' solo un modo di vivere
e ognuno si sceglie il proprio, a maggior ragione laddove
vi sia sostanzialmente il sostegno morale della propria
famiglia. Non è giusto o sbagliato: è giusto
che ognuno viva la propria vita secondo coscienza.
Baldoni scrive:
"[...] ho pensato che magari morirò anch'io
in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto
fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico,
e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca
da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il
culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato".
E ancora:
"Mettiamola così: nelle prossime 24 ore ho la
possibilità abbastanza concreta di crepare. Ovviamente
non succederà - ma, se dovesse succedere, sappiate
che sono morto felice facendo quello che più mi piace
al mondo: viaggiare in paesi che non hanno mai visto un
turista prima di me".
Ora, intitola Libero: "Voleva vacanze col brivido,
è stato accontentato" (mi manca il riferimento,
ma il titolo mi sembra fosse esattamente questo). Attacco
durissimo.
Ho letto entrambi gli articoli incriminati a firma di Farina
(25 agosto) e Feltri (26 agosto). Si può ampiamente
discutere della volgarità e dell'opportunità
dei toni, non foss'altro perché dare del pirlacchione
ad uno che rischia la testa in mano a dei terroristi, per
qualunque ragione la stia rischiando, è semplicemente
indice della tristezza intellettuale di chi esprime il giudizio
e di una buona fetta della nostra cultura odierna.
Ma, ciò detto, le opinioni espresse da Libero hanno
assoluto diritto di cittadinanza. Valgono più di
quelle dei molti detrattori che parlano, o scrivono, a vanvera,
semplicemente sulla scia emotiva indotta dallo schieramento
politico di appartenenza e che fanno di Baldoni, ora, una
bandiera, laddove prima facevano di Cupertino e soci dei
mercenari fascisti.
Per carità, se volete che mi schieri lo faccio: sono
dalla parte dell'informazione libera ed indipendente. Per
quanto mi riguarda l'informazione pura è l'evelina.
Poi, ad ognuno la propria interpretazione. E di seguito,
gli interpreti degli interpretatori, in questo caso Farina
e Feltri. Con le loro opinioni.
Sta di fatto che se i due scrivono che Baldoni avrebbe fatto
meglio a starsene a casa con moglie e figli invece di andare
a lasciar la pelle in Iraq, per quanto quella stessa moglie
e quegli stessi figli possano sostenere tuttora pubblicamente
le scelte di vita del padre/marito che è mancato
loro, non credo di andare molto lontano dalla verità
immaginando che dentro di sé vorrebbero con tutte
le loro forze la stessa cosa incautamente gridata con toni
insostenibili dalla coppia Feltri/Farina: che il giornalista
se ne fosse rimasto a casa invece di lanciarsi in quella
sciagurata avventura.
Perché, c'è poco da fare: è stata un'avventura
sciagurata. Da qualunque punto di vista la si voglia leggere.
I fatti sono che Baldoni è partito per una terra
dove oggi nessuno, *nessuno*, può scommettere con
sicurezza sulla propria pelle. Dove, che tu ci vada per
missione, per soldi, per sete di conoscenza, per sfida,
per motivi umanitari, non puoi essere affatto certo di tornare
a casa con le tue gambe. Nemmeno se ti fai venti giorni
nella piscina del Palestine.
I fatti sono che Baldoni ci ha lasciato la pelle e il suo
culo, questa volta, non l'ha salvato. I fatti sono che Baldoni,
che lo si voglia ammettere o meno, una bella dose di incoscienza
e sopravvalutazione del proprio culo, come lo chiamava lui,
ce le ha messe tutte. Sia detto: io rispetto moltissimo
coloro capaci di interpretare la vita con quella dose di
incoscienza necessaria alle grandi imprese, ma di incoscienza
si tratta.
Del resto, ogni impresa passa sul filo del non ritorno.
Volo pindarico: se Colombo ci avesse lasciato le penne,
l'America l'avrebbe scoperta qualcun altro e lui sarebbe
passato alla storia come un navigatore pirla.
Baldoni aveva tutto il diritto di giocarsela la propria
pellaccia in Iraq, e ha pure la mia stima - ahimé
postuma - per questo. Ma certo non era indispensabile che
andasse laggiù.
Anche Gino Strada ha moglie e figlia. Anche lui vive da
tempo sotto le bombe. Mi sia consentito pensare che forse
- e ripeto, forse - le motivazioni alla base di Strada,
come quelle che sono alla base di qualunque professionista
della Croce Rossa, siano un po' più "nobili"
ed eticamente irrinunciabili rispetto a quelle che hanno
spinto Baldoni a lasciare la famiglia per incontrare il
proprio destino sulla strada per Baghdad. Lo scrivo anche
con tutto il rispetto che provo per gente come Pino Scaccia
e in generale per tutti gli inviati di guerra. Ricordo che
Ettore Mo è citato
(a nome di tutti coloro che praticano questa professione)
fra i nostri "viaggiatori" simbolo.
L'informazione è uno dei beni più preziosi
della nostra civiltà contemporanea e la circolazione
dell'informazione è possibile anche grazie a personaggi
come Enzo Baldoni. Dirò di più: i valori stessi
della democrazia sono possibili grazie a ciò, poiché
informazione libera è sinonimo stesso di democrazia.
Ma anche opinione libera ne è sinonimo in maniera
analoga. E, peraltro, anche io ho in testa il dubbio che
la scelta di sostenere una famiglia, e soprattutto di crescere
dei figli, sia in netta contrapposizione con la volontà
di andare a cercar guai in Iraq, soprattutto se cercar guai
in Iraq non è ciò che ti dà da vivere
e che ti permette di crescerli i figli, ma è solo
una passione, per quanto grande essa sia.
Lo scrivo ancora una volta: penso questo pur con tutta la
stima che ho per il lavoro di Baldoni e per la sua persona
(stima peraltro costruita in una settimana, sulla base soltanto
di quello che ha scritto) e ritengo ignobili i toni usati
da Libero. Ma rispetto l'opinione di Feltri e, a tratti,
trovo che il dibattito che voleva evidentemente sollevare
abbia la sua ragion d'essere.
E' tempo di caccia alle streghe, e mi fa paura. Non mi erano
affatto simpatici i nostri quattro connazionali presi in
ostaggio, ma ancor meno mi è piaciuta la strumentalizzazione
politica che della vicenda è stata fatta e che adesso,
tant'è, si ripete a parti invertite.
Non solo: francamente, non conoscendo nessuna di tutte queste
persone, non riesco davvero a fare distinzione fra ostaggi
italiani e di altre nazionalità. No, proprio non
ce la faccio. Per quanto mi riguarda sono tutti dei poveracci
in pessime acque, indipendentemente dal motivo che li ha
spinti ad andare a cacciarsi nei guai laggiù.
Tutta questa gente in Iraq c'è andata a titolo personale
e professionale, a fare un mestiere, sapendo a che andava
incontro. A priori non è un valido motivo né
per innalzarli al ruolo di eroi, né per crocifiggerli.
Il problema è solo tirarli fuori dai guai se possibile,
o rispettare in silenzio il dolore di chi è stato
loro vicino, quando l'epilogo sia tragico come nel caso
di Baldoni e Quattrocchi.
E lasciamo stare il fatto che tant'è, quando in ballo
sono gli italiani, le cose non siano mai chiare. Così,
che sia accaduto davvero a Baldoni non lo sapremo forse
mai e questo è l'unico fatto sul quale dovremmo soffermarci
a riflettere tutti.
Tutti noi, che scaldiamo il culo a casa davanti al televisore
a commentare. Chiunque sia laggiù, fino a prova contraria,
ha negli occhi un orrore che a noi non è dato sapere,
né immaginare neanche lontanamente.
Moderiamo dunque i nostri commenti. Tutti. |