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Come quando è un lunedì sera di lockdown e ho appena accompagnato i ragazzi a casa della mamma dopo una decina di giorni trascorsi insieme, e sono al supermercato, ché ho il frigo vuoto e bisogna che compri qualcosa per me, per i prossimi giorni.
Le corsie sono quasi deserte, per fortuna, e mi aggiro da solo con la mia mascherina, distratto e con poca voglia, nelle cuffiette un album di John Mayer, mentre cerco di far mente locale su quel di cui potrei aver bisogno, che poi son sempre le solite cose di quando sono a casa da solo, roba veloce, qualcosa da microondare al volo, un po’ di verdura, frutta, yoghurt.
E all’improvviso mi viene da piangere.
Così, lì in mezzo a quella corsia vuota del supermercato.
Mi affretto ad uscire.
Ché è lunedì sera, sono di nuovo da solo dopo dieci giorni e arrivo a casa coi miei sacchi della spesa, una lavatrice e una lavastoviglie da svuotare, qualche email di lavoro a cui rispondere.
Le camere dei ragazzi sono spente e vuote, le hanno lasciate perfettamente in ordine.
Mi mancano già da morire, anche se fra una settimana saranno di nuovo qui.
Mi mancano sempre di più. Più passano gli anni, più crescono, più facciamo cose insieme e più non ne facciamo affrontando questo tempo assurdo chiusi insieme in casa, più mi mancano.
Più li vedo diventare grandi, più ridiamo insieme, più parliamo, più si chiudono nelle loro stanze per ore a combattere con la loro adolescenza, più quando non ci sono mi mancano.
Più li vedo crescere e so che si allontaneranno, più mi mancano e sto male.
Più se ne andranno, più rimarrò solo.
Più questa casa è vuota, più sono solo.
Così questi giorni ho iniziato un progetto fotografico su questo lockdown, con la loro complicità. Come un maldestro tentativo di fermare il tempo in qualche modo. Di catturare la loro anima e tenerla con me. Di entrare dentro di loro e far entrare loro dentro di me.
Accettano e partecipano volentieri, e mi metto a girare per casa con la macchina fotografica, scatto letteralmente migliaia di foto a caso, poi passo ore a sfogliarle, le guardiamo e le commentiamo insieme, ne scegliamo alcune.
Ridiamo.
Così è lunedì sera, arrivo a casa, metto via la spesa, svuoto la lavatrice e la lavastoviglie, metto ancora su quell’album di John Mayer e mi metto sul divano a riguardare le foto che abbiamo scattato questi giorni.
Piango di nuovo. Mi mancano da morire.
C’è una sola persona al mondo a cui vorrei dirlo.
E non posso.
Mi manca da morire anche lei.
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TAG: figli, vita |
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19.55 del 16 Novembre 2020
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