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Se ben ricordo, la mia prima volta in cima alla Grigna è
del 1982. Avevo diciassette anni e salii con un amico dalla mitica
ed inesorabile via di Mandello, una mazzata di quelle che giusto
a quell'età puoi permetterti: sono più o meno duemila
metri di dislivello, su per canaloni, pietraie e ghiaioni, fino
alle catene terminali che conducono in vetta. Roba che poi ti devi
fare di olio canforato per una settimana prima di riuscire a camminare
nuovamente come un cristiano normale.
Da allora ho un po' perso il conto delle volte che sono risalito,
credo ormai per tutte le vie possibili. L'ultima volta, ad occhio,
sette od otto anni fa. Se non sbaglio l'ho già scritto da
queste parti: la Grigna è casa mia, qui è il mio piccolo
paradiso ed il mio Himalaya privato, ne conosco (quasi) ogni angolo.
Però la via classica invernale, la diretta per il paretone
est, no, per un motivo o per l'altro non l'avevo ancora salita.
Fino a sabato. Sveglia alle cinque: si preannuncia una giornata
bellissima, dalle finestre di casa la grande parete orientale completamente
innevata della Grigna Settentrionale è già illuminata
sull'orizzonte e si sta tingendo di rosa. Alle sette e trenta sono
all'attacco, pronto a misurarmi con i milleseicento metri di dislivello
che mi separano dalla vetta e a verificare finalmente, e un po'
seriamente, il mio stato di forma: sono anni che non oso nemmeno
provare a spararmi un dislivello del genere.
Sono da solo oggi e nonostante la Grigna sia di solito affollata
in qualunque stagione come la spiaggia di Rimini ad agosto, soprattutto
lungo le vie normali di salita, sarà perché è
sabato, sarà perché c'è il ponte del primo
maggio, ma i primi ottocento metri me li faccio davvero in solitudine
quasi assoluta, a parte un paio di persone che stanno salendo una
mezz'ora avanti a me. E, per una volta, questa salita solitaria
me la godo proprio tutta: completamente libero, in silenzio, al
mio passo, che procede più spedito di quanto sperassi.
Alle otto e trenta sono già al Pialeral: seicento metri in
un'ora, un record per me. Una breve pausa, più che altro
per bere un sorso d'acqua e per togliermi di dosso lo wind-stopper prima
di iniziare a liquefarmi, ché inizia già a fare un
caldo boia. Si può quasi salire in maglietta,
nonostante i millequattrocento metri di quota di prima mattina. Poi riparto,
altri quattrocento metri a ritmo più tranquillo ed alle nove
e trenta, due ore dopo la partenza, ne ho già mille di dislivello
sotto di me.
Sono adesso a milleottocento metri di altitudine ed inizia la neve.
Perché il bello della faccenda è che quest'anno la
via invernale è ancora carica, ma proprio carica di neve
come fossimo a febbraio, e le famose cornici della cresta sommitale
sono ancora lassù in alto in bella evidenza che mi aspettano.
Dunque crema solare, ché adesso picchia forte, ramponi, bastoncini
da sci, e di nuovo in moto. Voglio forzare l'andatura, anche perché
ora inizia la parte tosta: altri quattrocento metri di dislivello
dritti in piedi, su per la parete di neve molle, in pieno sole.
Una specie di fornace che ti cuoce a fuoco lento, e infatti impiego
quasi un'ora e mezza ed un paio di litri di provvidenziale integratore
salino per riuscire a sfangarla. Sbucato sulla cresta sommitale,
il panorama finalmente si apre ed è bellissimo: le cornici
di neve che orlano tutta la sinuosa cresta nordest fino alla cima
sono belle come avevo visto mille volte nelle fotografie.
Altra breve sosta, qualche foto. Do fondo alla mia scorta di liquidi:
praticamente bevo e sudo quello che mi sono bevuto in tempo reale.
Infine ancora venti minuti, e sono in vetta.
Non c'è un alito di vento, l'aria è immobile. Sono
le 11.50: c'è un po' di foschia ora, e il cielo è
appena velato, ma l'orizzonte è perfettamente circolare attorno
a me ed io sto bene. Sono felice quassù. Stanco, ma non esaurito.
Contento di me stesso, perché adesso vedo finalmente i risultati
di questi tre mesi di allenamento. Soddisfatto di questa salita
compiuta da solo con me stesso, di questa lunga cornice terminale
che ho seguito in completa solitudine affacciandomi di tanto in
tanto sul vuoto sottostante, di questa confidenza che piano piano
sto ritrovando: due salite solitarie in questa stagione, la voglia
ritrovata, il mio cielo.
Quassù sono finalmente tornato a casa.
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Sulla parete est della
Grigna Settentrionale
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La cresta sommitale
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La cima della Grigna
Settentrionale dalla cresta nordest
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Il titolare qui, verso
la cima
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In vetta
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La Grignetta dalla
cima della Grigna Settentrionale
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