Il nostro campo base è piazzato ad Arenal d'en Castell,
una bella baietta con acqua trasparente tipo vasca da bagno,
sabbia finissima bianca con intrusioni rossastre, inevitabile
minimo sindacale agostano di fila d'ombrelloni, personaggi
evitabili e dunque da evitare, barca d'ordinanza ancorata
al largo, vita animale autoctona prossima allo zero assoluto:
per dire, di sera intorno ai lampioni non vola un accidente
di niente, il che a pensarci è un po' inquietante.
Poco da dire di questo scoglio delle Baleari buttato qua
in mezzo al Mediterraneo occidentale. A dirvi la verità,
l'acqua è molto bella, ma tutte le isole mediterranee,
alla lunga, a me appaiono più o meno uguali. Colonie
di inglesi ed italiani charter, pochissimi germanici, spagnoli
a piacere. Negozi di souvenir. Sassi in bilico, dolmen e
menir, che un po' di preistoria, nel mare nostrum, non si
nega mai. Curiosamente qua ce n'è distribuita con
sorprendente abbondanza, ma ecco, non la definirei astonishing,
come mi è capitato di leggere.
Null'altro. Né, del resto, altro prevede il programma,
che non sia andare a caccia di qualche ulteriore spiaggia
passegginabile, attività non banalissima, poiché
le vere perle, qui come altrove, si raggiungono solo in
barca o scarpinando nella giungla. Il che, passeggino a
parte, con un cane gonfiabile, una palla di un metro di
raggio, rete di secchielli, palette, formine, ecc, borsone
asciugamani, bottiglie d'acqua e un'intera logistica da
spedizione all'isola dei famosi, ecco, non è proprio
una faccenda affrontabile in gaia leggerezza.
Brezza costante, clima secco assai, temperatura fissa a
ventotto, cielo limpido a oltranza. Mi farò un calippo
alla cola, va'.
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