Tornare a correre a soli diciassette giorni da un intervento chirurgico,
tre settimane dopo l'ultima volta che ho messo le scarpette (e che
ho staccato il mio record dell'anno), avendo fra l'altro lasciato
per strada cinque chili in tre soli giorni grazie anche ad una bella
gastroenterite virale che ha pensato di venirmi a trovare durante
la convalescenza, potrebbe anche essere un piccolo successo. Senonché.
Senonché, dopo quasi un anno e più di seicento chilometri
corsi dall'inizio di questa avventura fantozziana, mi sono regalato
- oltre ad un bella tutina invernale nuova, ché ormai sono
completamente caduto nel tunnel del runner dopolavorista quarantenne
sfigato che sogna la New York Marathon - questo.
Oggi l'ho collaudato. E mi sono depresso al cubo. Secondo 'sto affare
e il suo compare Google Earth, infatti, la misura del mio circuito
standard da 10km, sul quale ho creduto di volare di record in record
negli ultimi mesi, è completamente sballata: sono poco più
di 9,6km. Quindi, 'na cippa che ormai corra regolarmente i dieci
chilometri sotto i 55'. Fatti due conti, è già un
miracolo se fino ad oggi ho sfondato la barriera dell'ora due o
tre volte.
Il cronometro collegato al gps, poi, mi ha martellato implacabile:
vabbé che il mio stato di forma corrente è pari a
quello di un lamellobranchio del Pacifico Meridionale, ma io, fino
a tre settimane fa, mi credevo di correre ormai con tempi prossimi
ai 5'15" al chilometro di media. Lo stronzo sciagurato
aggeggio, invece, oggi mi ha battuto i primi due attorno ai 5'30",
per poi calare ben oltre i sei minuti al chilometro, finché
al sesto, transitato oltre i trentasei minuti, mi sono arreso allo
sconforto e mi sono fermato a meditare sulla curvatura dello spazio
tempo e sull'esistenza di altre forme di vita nell'universo.
Provo una certa empatia verso Napoleone a Waterloo. |