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Sono giorni che i Media mi bombardano con l'emergenza gelo, Burian, la nevicata del secolo, l'incubo meteorologico.
Io ve lo dico: ci stiamo rincoglionendo. Ma di brutto, proprio.
Due anni fa ho installato un nuovo termometro sulla terrazza esposta a nord, perennemente in ombra. Lo scorso inverno ha registrato una minima di -4°C, peraltro del tutto normale in Pianura Padana in questa stagione. Quest'anno non è mai arrivato neanche a sfiorarla, nemmeno questi giorni "da incubo".
Ieri è apparso qualche fiocco di neve e qualche prato, per circa mezz'ora, ha visto una leggera spruzzata di bianco a macchia di leopardo.
Quelle qui sotto sono alcune fotografie scattate qua attorno negli ultimi anni. L'ultima è di cinque anni fa, esattamente gli stessi giorni di questa settimana. Solo negli ultimi due anni non si è praticamente vista neve e questo sì è stato un evento piuttosto inconsueto. D'altra parte anche in montagna si andava a sciare sui prati. Se questo vi pare normale...
In tutte le occasioni qua sotto, come si evince dalle foto, la circolazione scorreva, pur con qualche difficoltà. In una di queste mi ero pure sparato un Milano-Alba con le strade nello stato che si può osservare.
Negli uffici erano tutti presenti al lavoro e le scuole erano regolarmente aperte.
24 febbraio 2013, gli stessi giorni di oggi... |
Qui sotto le news di questa mattina sul mio cellulare. Ieri si parlava di emergenza seria a Milano con una previsione "addirittura" di -5°, oggi siamo nella morsa del gelo a meno sei. Ripetete con me: meno cinque in Pianura Padana a febbraio uguale emergenza, meno sei siamo nella morsa del gelo.
Stamattina sono venuto regolarmente in ufficio e in qualche punto lungo la strada il termometro dell'auto ha segnalato uno spaventoso -3°. Per fortuna sono sopravvissuto, ma a tratti ho temuto di non farcela.
A Roma già ieri avevano annunciato la chiusura di tutte le scuole. Io dico che se per voi è normale quello che leggete qua sotto, la Raggi è la risposta a tutti i vostri problemi.
Agli amici romani e non solo, vorrei ricordare che nevica anche al Cairo, in Libano, in Arabia Saudita, a Gerusalemme e in Turchia. Ma, a differenza di quanto accade all'ombra di San Pietro, non si registrano apocalissi sotto la mezzaluna islamica.
Se ci sono trenta gradi d'estate ormai è sempre un inferno, se si va sotto zero d'inverno è emergenza, se nevica è l'apocalisse. Il terrorismo meteorologico del resto va di pari passo con quello mediatico generale, per cui siamo invasi dagli immigrati, la criminalità è a livelli d'emergenza, qualunque evento è sempre straordinario, unico, "del secolo".
Nell'era dove basta aprire Google per verificare qualunque numero in pochi minuti, cinque o sei gradi sotto zero a Milano sono un evento eccezionale. Nel 2012, mica nel medioevo, eravamo arrivati a meno dodici in città, meno diciotto a Malpensa.
D'altra parte questo è pur sempre il Paese dove Trenitalia fa pubblicità alla sua straordinaria efficienza e chiama questa "alta velocità":
Una giornata ordinaria alla Stazione Centrale di Milano |
La foto è stata scattata venerdì scorso: non c'erano tracce di neve e gelo in giro, in compenso è la stessa situazione ormai da almeno un paio di settimane. |
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Facts:
1) A Morgins non esiste alcuna seggiovia "Portes du soleil"; tuttavia Morgins fa parte di un comprensorio sciistico che si chiama "Portes du soleil", che comprende una dozzina di stazioni invernali fra Francia e Svizzera.
2) La seggiovia più alta di Morgins arriva al massimo a quota duemila e l'intero comprensorio al massimo a 2400m.
3) Senza bisogno di scomodarsi troppo e andare, chessò, a La Paz, o a Lhasa, o in qualunque villaggio fra le Ande e l'Himalaya, sulle Alpi esistono centinaia di uffici veri situati a più di duemila metri di quota, ad esempio a Cervinia, e persino a ben oltre quota 4000, se chiamiamo "ufficio" questo qua sotto:
Corriere.it, 28 settembre 2013 |
P.S. Con la chiusura dello skilift di Chacaltaya, in Bolivia, che toccava quota 5421m e che fino al 2009 era l'impianto più alto del mondo, attualmente il record è detenuto dalla funivia del ghiacciaio Dagu, nello Sichuan, Cina, la cui stazione d'arrivo (dunque, un "ufficio" sicuramente più vero di quello lì sopra) è situata a 4843m. Più in alto della cima del Monte Bianco, per intenderci. |
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Nel momento in cui scrivo, la prima è la nona notizia del giorno, la seconda è la seconda. Buona giornata in questo Paese e dalla sua informazione.
Corriere.it del 16 febbraio 2012 |
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Questo (lungo) post è nato altrove, ché l'ho in canna da mesi e mesi. Poi però càpita che una sera, nel ritrovarmi a vedere Giovanni Favia e Davide Bono del Movimento 5 stelle partecipare a un dibattito in televisione, provi il solito disagio a sentire quel che dicono e mi venga da associarli immediatamente ed inevitabilmente ai miei giovani freak, dei quali ormai scrivo da almeno due anni. E però mi viene anche in mente che, tant'è, forse è proprio lì il punto ed è lì che il post che ho nel cassetto da mesi pretende di andare a parare.
Non lo so. Però ci provo: la prendo alla lontana, da quel che voglio dire da tempo, e vediamo se i due temi si agganciano. Magari, una volta in fondo, il risultato non torna nemmeno a me.
L'executive summary è che, a mio parere, no: non esiste alcun popolo di internet. Su internet non nasce alcun movimento di opinione, né tanto meno rivoluzionario: al massimo internet può essere un mezzo rapido ed alternativo di diffusione di movimenti nati altrove. Né soprattutto (e questo è il punto) esiste in Italia un fenomeno, in così evidente crescita, di persone che si informano su internet.
Quel che esiste è solo una gran massa di gente che possiede uno smartphone. Che usa per giocare, ascoltare musica, fare fotografie e taggarle su Facebook. E per leggere le e-mail, se è obbligato per lavoro.
Il post che avevo in mente, però, iniziava in altro modo e da tutt'altra parte.
Io sono nato nel 1965. Ho messo le mani per la prima volta su un computer nel 1984 e son partito direttamente da un assemblato con processore 8088, saltando a pié pari la fase Commodore, Amiga, eccetera. Mi sono laureato in informatica - che all'epoca si chiamava Scienze dell'informazione (è ancora così?) - più per caso che per interesse vero e proprio nei confronti della tecnologia, passione che tuttavia ho iniziato a coltivare proprio nel corso degli anni di studi e soprattutto della tesi di laurea.
Ho fatto a tempo a toccare le schede perforate, ho lavorato sui mainframe, sui primi Macintosh e i primi PC, sulle workstation grafiche e sui primi portatili della Compaq che pesavano come jersey di cemento armato. Ho messo le mani un po' ovunque: dall'MVS al Dos, a tutti i sistemi Unix-like e a tutte le versioni di Windows note al genere umano. Come tutti coloro cresciuti davanti a un monitor, sono (stato) assai poliglotta, nel senso dei linguaggi di programmazione. Lavorando nel mondo della ricerca informatica ho avuto modo di partecipare, direttamente in alcuni casi, indirettamente in altri, alla nascita di parecchie delle tecnologie che oggi diamo per scontate: dalla masterizzazione dei cd, tanto per citarne una, alle tecniche di acquisizione, elaborazione ed interpretazione delle immagini (la mia specializzazione iniziale), allo sviluppo dei protocolli e delle reti di comunicazione.
Soprattutto, ho visto nascere internet.
Per dirla tutta, come quasi tutti "noi" all'epoca, in Rete c'ero già da prima, ché si chattava con i colleghi delle altre università e dei centri di ricerca con sistemi dei quali nemmeno più ricordo il nome, roba che girava su mainframe comunque. Così sorrido quando sento dire "ai tempi di irc", perché c'è stato un tempo, per me, in cui irc era ancora il futuro di un passato prossimo che stavamo già vivendo e sperimentando (fra parentesi, nel momento in cui sto scrivendo questo post, si sta discutendo per caso di questo tema in questo thread di FriendFeed, il che mi serve involontariamente un atout per quanto dirò più avanti)...
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TAG: internet, digital divide, informazione, nativi digitali, identità digitale |
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Oggi sul Corriere c'è un interessante editoriale di Angelo Panebianco, ben scritto e sul quale si può essere d'accordo o meno, ma che comunque si presta come stimolo ad un dibattito che può anche essere costruttivo, e non solo inutilmente polemico e demagogico.
(L'ho detta bene, eh?)
Ah, sì. C'è poi una pagina dedicata ad un'analoga riflessione di Adriano Celentano. Illustre fisico nucleare e fine accademico della Crusca. |
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TAG: nucleare, corriere, informazione, celentano |
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