Alcune persone sostengono che siano esistiti, in qualche aureo passato recente o remoto, tempi migliori di quelli correnti. I più gettonati – ma l’elenco è in continua evoluzione – sono i mitici anni ’60, i ricchi ’80, il proverbiale ventennio, la dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto… ce n’è per tutti i gusti e tutte le tasche, perfino i fetidi ed insanguinati anni ’70 a qualcuno sembrano meglio di quel che c’è adesso (gente che faceva i buchi nell’altra gente, immagino, non gente a cui i buchi venivano fatti). Queste persone sono imbecilli. Ma non poco: molto. Questi, ricordo, sono i tempi in cui la libertà di espressione ha raggiunto il suo apice, i tempi della disintermediazione dell’informazione e della rappresentanza, i tempi in cui le mastectomie totali sono praticamente scomparse, i tempi in cui si può divorziare, abortire, andare in Francia senza il passaporto e senza dover cambiare le lire in franchi, decidere di trovarsi un lavoro in Inghilterra, parlare al telefono con una persona lontana gratis o quasi, magari vedendola anche in video. Questi sono di gran lunga i tempi migliori che siano mai esistiti e le sorti dell’umanità, benché in modo diverso da quel che molti si aspettassero, sono in effetti magnifiche e progressive. Se la smettessimo di piangerci addosso e cominciassimo invece a sentirci gli uomini più fortunati che siano mai nati, sarebbe un gran passo avanti.
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